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Spiagge politiche

Marina Terragni venerdì 27 dicembre 2019
Certe volte – anzi, spesso – la politica fa cose di cui mi sfugge il senso: lo so, non sono la sola. Esempio, l'opposizione a Salvini: prendiamola come caso di scuola, a prescindere da come la si pensa, da come si vota o non si vota. Secondo gli antisalviniani l'arma letale sarebbe dargli continuamente del fascista. A giudicare dai sondaggi, per quello che valgono, si dovrà convenire sul fatto che questo argomento, fondato o meno, brandito come apodittico e definitivo, non sta portando grandi risultati. Ci sarebbero casomai altre questioni sulle quali muovere battaglia: chiamiamoli contenuti programmatici. Per dirne uno, il noto ddl sull'affido dei figli in caso di separazione che li taglia in due come nel giudizio di Salomone, in odio alla quasi totalità delle donne, che attende di essere risfoderato: come mai non si batte su questo chiodo? Per dirne un altro in apparenza secondario, ma che personalmente mi ha fatto saltare sulla sedia: il ritornante progetto di sdemanializzare e mettere in vendita le nostre meravigliose spiagge, con corsia preferenziale per la lobby degli stabilimenti balneari che già gode di canoni irrisori e in troppi casi evade alla grande. Perché gli altri non picchiano duro su un tema terra-terra (o sabbia-sabbia) come questo, ben sapendo che avrebbero dalla loro parte una gran parte di elettrici ed elettori?
Boh. Sinceramente non capisco.