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Siamo ciò che si mangia? Speriamo proprio di no

Alberto Caprotti giovedì 19 dicembre 2019
Faremo la fila per il burro d'anguria, cercheremo i fagioli verdi, e le alghe spopoleranno sugli scaffali dei supermercati. Lo scenario sembra inesorabile: lo prevede Amazon che sa sempre quali saranno i nostri gusti, anche prima che ci vengano. A studiarli e a scommettere sui “food trend” del 2020 sono infatti gli esperti globali di Whole Foods Market, la società alimentare statunitense acquisita da Amazon, che ogni anno compila un rapporto sulla base dell'esperienza nella ricerca dei prodotti e nello studio delle preferenze dei consumatori. Il risultato è con una certa precisione ciò che troveremo nei nostri frigoriferi e nelle nostre dispense nell'anno che verrà. Perché è inutile pensare di essere più forti delle tendenze: Amazon condiziona tutti, anche se sei uno che a casa non si fa portare nulla.
Al primo posto ci saranno i prodotti “provenienti da agricoltura organica e rigenerativa”: ecco quindi che andranno alla grande quelli realizzati con pratiche agricole e di pascolo che ripristinano il suolo degradato, migliorano la biodiversità e, in generale, cercano di non danneggiare la natura, dando un contributo positivo all'ambiente. Bello, basterebbe sapere quali siano questi prodotti, ma Whole Food qui resta sul vago. Insomma, ci faremo bastare l'agricoltura “rigenerativa”, se mai la troveremo scritta in etichetta. Secondo posto per le farine vegetali: avete mai provato quella di banana, o quella di cavolfiore? Non sapete cosa vi siete persi. Non solo si useranno sfuse ma – assicurano gli esperti – le troveremo sempre di più anche nei prodotti confezionati. Al terzo gradino del podio, pomodori, cipolle, peperoncini, arachidi, zenzero, ma anche tamarindo, provenienti però dall'Africa Occidentale. Che sarà il nuovo Paese esportatore di tendenze alimentari. Alla faccia del “chilometro zero” e della zucchina colta dal contadino sotto casa.
In generale, più “bio”, zero zuccheri e sempre meno alcol: e fin qui non ci voleva uno scienziato per prevederlo. Pare, sempre secondo Whole Foods, che la parola chiave del cibo 2020 sarà “fresco”, anche quando riguarda gli snack. Basta merendine tradizionali, nel 2020 andranno di moda gli spuntini, le barrette alimentari e i cibi in confezioni monodose: tutto da tenere in frigorifero.
La soia invece ha già stancato: per me è una parola misteriosa, ma pare che piaccia parecchio ai ruminanti moderni. Contrordine invece: per i fanatici del cibo proteico a base vegetale, arriveranno i prodotti “soia-free”, con miscele innovative (come cereali e fagioli verdi) utilizzate per imitare prodotti caseari. L'idea sembra intrigante ma «se potessi magiare un'idea, avrei fatto la mia rivoluzione»: lo cantava Gaber, o forse Cracco. Non bisogna mai essere troppo precisi con le citazioni, è indice di cattivo carattere.
Se invece pensate che il burro sia solo quello che arriva dalla mucca, dovrete ricredervi. Nel 2020 è probabile che un sacco di cose verranno trasformate in burro: noci, semi, e tanto altro. Il massimo della squisitezza? Il tahini, il burro di semi di anguria, il burro di mandorla o il burro di zucca. Chi non è perplesso vince un pesciolino rosso. Per l'acquario, non per la padella. Non ancora, almeno.
I marchi alimentari intanto stanno prendendo le misure di una nuova generazione cresciuta a colpi di Masterchef e Prova del Cuoco. Meno cibi spazzatura, dunque, e più prodotti cucinati, speziati o ricchi di sapori per palati più sofisticati. Non sorprendetevi quindi se alla domanda: «Di che cosa sa?», vi risponderanno: «di... umami». Tranquilli, ve lo spiego io: non perché lo so, ma perché l'ho cercato in internet. Umani è il quinto sapore, fino a qualche anno fa appannaggio della sola cucina giapponese. Ma a che cosa corrisponde questo umami? Lo definiscono «un gusto indefinibile», salato, «come quello delle alghe o del latte materno». E qui mi arrendo. Qualcuno ha scritto che siamo quello che mangiamo. Speriamo di no.