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Sì, è vero che il Natale fu proprio il 25 dicembre

Pier Giorgio Liverani domenica 19 dicembre 2010
«Babbo Natale esiste e lotta insieme a noi» è il titolo "spiritoso" dell'editoriale di Style, il magazine mensile («Speciale Natale») del Giornale, che si apre con il «mito» del Calendario Pirelli, che, al solito, esibisce una serie di «icone» di nudi e seminudi questa volta anche maschili e assai espliciti. Seguono un servizio di moda "evangelicamente" titolato «Oro, argento e cipria» e 43 pagine di «Regali di Natale». L'editoriale, firmato dal direttore Alessandro Sallusti, si fonda su due dichiarazioni " «Babbo Natale non esiste», del compianto vescovo di Como Sandro Maggiolini, e «Io sono amico di Babbo Natale», del suo successore Diego Coletti " da cui si dedurrebbe che «neppure sulla festa della cristianità più popolare nella Chiesa c'è accordo» e che «il Natale è una invenzione degli uomini». Eppure era evidente in entrambi i Vescovi il tentativo di cancellare l'immagine commerciale del buffo personaggio, usato soltanto per sfrattare Gesù dal Natale della fede. Infatti l'apparente contrasto tra i due era solo un approccio diverso al medesimo tema: Babbo Natale è immaginario, ma il personaggio reale è Santa Klaus (dall'olandese Sinterklaas), san Nicola di Bari (6 dicembre). Per Sallusti, infine, «secondo gli storici il parto di Maria sarebbe avvenuto a settembre, non in un gelido dicembre». Da qui accuse alla Chiesa di incapacità e ai vescovi di «ipocrisia». Se, però, è vero che il 25 dicembre coincide con la festa pagana del Sol invictus, le ricerche sui turni sacerdotali nel servizio al Tempio di Gerusalemme, che non riporto per motivi di spazio, dimostrano che la data tradizionale è più che plausibile.Proprio Il Giornale (23 dicembre 2003) dedicò alla scoperta un'intera pagina firmata da Antonio Socci. Quando si dirige un giornale è bene leggerlo.

DAVIDE SENZA MISERERE
Guido Ceronetti, scrittore, giornalista, traduttore, drammaturgo, filosofo, teatrante, marionettista, poeta, filosofo e non so che altro, ripesca «tra le pieghe della Bibbia» (La Stampa, domenica 12) la storia di Davide e Betsabea, caricando i toni solo sul peccato dell'antico re: «Una brutta faccenda di tremila anni fa, più degna di Macbeth che di un Unto del Signore». Per il pentimento del re, però, solo qualche fuggevole accenno. Ma che senso ha la storia di Davide senza il salmo 51, il "Miserere", che non ha l'eguale nella Scrittura e nella letteratura? Possibile che al multiforme Ceronetti manchi il dono di saper "intelligere" (inter-legere) la Bibbia?

I PERICOLI DI MOLTI DEI
Invece il filosofo Gianni Vattimo contesta (L'Espresso) «l'insistenza del papa nella condanna dell'"errore"» del relativismo. «L'idea dell'unicità della verità», scrive Vattimo, ha un «carattere violento e autoritario», perché «ha bisogno di un Dio unico» solo «qualche autorità che ha bisogno di comandare in suo nome». Con il suo collega Heidegger ritiene, infatti, che «con il divino possiamo entrare in rapporto solo se ne accettiamo l'insuperabile essenza mitica di racconto, di simbolo». Ma se davvero «con il divino in cui crediamo possiamo entrare in rapporto», vuol dire che il Dio unico esiste. E se, invece, fosse meglio «che vivano molti Dei», non andrebbero le cose peggio che con uno solo? Voglio dire che sarebbero molti a voler comandare ciascuno in nome di un dio diverso, vero o falso che sia. Già oggi succede.