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«Settarismi» malintesi. E cattedre Tra don Milani e la scuola di oggi

Gianni Gennari giovedì 11 giugno 2020
Perle. 1: «Sul significato del termine “setta”» (“Panorama”, 10/6, p. 97): l'Ufficio Stampa dei Testimoni di Geova protesta perché in un numero precedente la loro è stata chiamata “Setta”, e “Panorama” precisa che il termine è stato usato «nell'antica usanza latina di “sequor” e, dunque, letteralmente di “seguire, andare dietro”»! Niente da dire, salvo ricordare che “Setta” può provenire anche da “seco”, che dice “tagliare, dividere” e implica rottura e separazione da realtà precedenti. Infatti i TdG sono tali per essersi distaccati dalla realtà precedente che era, con la sua complessa storia, la religione ebraico-cristiana.
2: da “L'Espresso” (7/6, p.96): Stefania Rossini nella sua rubrica “Noi e voi” risponde a una lettrice che sullo stato attuale della scuola e delle famiglie conclude ricordando don Milani e la sua scuola liberante per gli ultimi. D'accordo Rossini, che di suo aggiunge: «Magari questa volta gli uomini della sua Chiesa invece di osteggiarlo e ignorarlo come hanno fatto per cinquant'anni potrebbero aiutarlo», e questo sull'esempio di papa Francesco, che «tre anni fa visitando Barbiana ha detto inaspettatamente: «Pregate per me, perché anche io sappia prendere esempio da questo bravo prete».
D'accordissimo, ma con una precisazione: cinquant'anni? No! Nella realtà il cammino della “riabilitazione” ecclesiale di don Milani non è venuto solo «dopo cinquant'anni». Proprio “Avvenire” due volte, e già nel 10º anniversario della morte (24 e 25/6 1977, p. 5) ne elogiava fermezza di fede e testimonianza cristiana e sacerdotale. Per la scuola: da noi oggi è stata la prima a essere chiusa e risulta che sarà l'ultima a riprendere! Coraggio, anche nel nome di don Lorenzo Milani: esempio di prete e anche di maestro “autorevole”. Oggi l'autorevolezza in cattedra è il primo problema della nostra scuola “pubblica”, statale o non statale che sia...