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Senza il grano ucraino l'Africa rischia la fame

Andrea Zaghi domenica 27 marzo 2022
La guerra Russia-Ucraina rischia di mettere nei guai anche l'Africa. Almeno dal punto di vista alimentare. L'allarme arriva da Filiera Italia che raccoglie alcuni dei nomi più rappresentativi dell'agroalimentare italiano. Sarebbero, infatti, proprio i Paesi emergenti quelli più dipendenti dalle importazioni di cereali e beni alimentari di prima necessità da Russia ed Ucraina. Forti tensioni sono già previste nel nord Africa e in Medioriente. «Parliamo di Paesi – dicono in Filiera Italia –, come l'Eritrea che dipendono per il 100% dal grano prodotto nei 2 Paesi, o della Somalia il cui rapporto di dipendenza supera il 90%, o ancora come l'Egitto che dipende per l'80% dalla produzione di queste zone». Non si tratterebbe di casi isolati. «Sono 50 i Paesi in via di sviluppo dipendenti per oltre il 30% dalle importazioni di cereali di quest'area – dice ancora un nota dell'organizzazione – e 25 di questi lo sono per oltre il 50%». Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, aggiunge: «Nella maggior parte dei casi si tratta di Paesi i cui governi basano buona parte dei propri consensi sulla somministrazione di cibo a condizioni accessibili, uno stabilizzatore che in questo caso potrebbe venir meno in breve tempo». Il Libano, ad esempio, ha recentemente confermato di avere uno stock di cereali per non oltre due settimane. La vera fame per molti territori, in altre parole, sarebbe dietro l'angolo a causa di qualcosa che accade a migliaia di chilometri. Per Filiera Italia l'Europa deve fare di più. In gioco, d'altra parte, non ci sarebbero più gli equilibri alimentari europei, ma, almeno, anche quelli dell'Africa. Da qui una richiesta netta (già avanzata dalle organizzazioni degli agricoltori). "Chiediamo – dice Scordamaglia –, che si sospenda immediatamente per almeno due anni la nuova Pac e venga rivista la strategia Farm to fork, i cui effetti sono quelli di un crollo della produzione agroalimentare europea intorno al 20% e un ulteriore incremento dei prezzi di alcuni prodotti fino al 40%".