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Se l'esteta si allarga, sono" Sgarbi

Gianni Gennari giovedì 27 aprile 2006
Lunedì sul "Giornale" (p. 1) Vittorio Sgarbi si agita su "La tradizione di Ratzinger". Avesse atteso due giorni, ieri avrebbe sentito sul tema direttamente il Papa: la tradizione della Chiesa è una cosa grande in cui parte attiva è lo Spirito Santo, e in cui la fede cristiana trasmessa agli apostoli si traduce di continuo senza mai tradirsi. Non ha atteso, Sgarbi, ed ha messo in fila alcune acrobazie. La prima: oggi il Papa è "al centro di molte contraddizioni". Nel senso, vero, che ha molti "contraddittori"? No. Per lui è da intendersi nel senso di una vera contraddizione, perché "l'integrità storica della Chiesa fu messa in discussione dal Vaticano II". Secco, così: lui è sicuro che "da allora molte certezze vacillano". Ecco due esempi: "la lingua unitaria" e la posizione degli altari. Certezze? E quando mai? La lingua, se si intende il latino, non tocca l'"integrità della Chiesa": viene dopo l'ebraico e il greco, e mai è stato esclusivo. E del resto il Vaticano II non lo ha certo soppresso. Il suo allora è solo un giudizio "estetico", e Sgarbi può avere anche ragione. Non oltre. Idem per la seconda parte, sulla posizione dell'altare e quindi del celebrante. Centralità del sacrificio di Cristo e unicità del popolo in preghiera rivolto al Signore, risaltano meglio se l'altare è sul fondo e il celebrante, nella parte eucaristica, dà le spalle all'assemblea. Lo pensa Sgarbi, lo scrisse anche Ratzinger? Sì. Malpelo condivide, ma "l'integrità della Chiesa" non c'entra. Essa è nel "deposito della fede", Scrittura e Tradizione. Così ieri ha spiegato il Papa, ed è pura dottrina del Vaticano II. Con buona pace di Sgarbi.