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Se fare impresa diventa un romanzo

Francesco Delzio sabato 14 novembre 2020
Molti italiani sono convinti che fare impresa sia, semplicemente, una questione di profitto e di convenienza economica. E' un'opinione legittima ma sbagliata, figlia di quel forte pregiudizio anti-imprenditoriale che per ragioni culturali profonde risulta (ancora) dominante nel nostro Paese. In realtà, è possibile spesso trovare negli imprenditori qualcosa di ulteriore rispetto alla sete di guadagno: una sorta di "sacro fuoco", una passione travolgente che va ben oltre le categorie economiche e che ha a che fare con l'anima, prima ancora che con la psiche. Solo così si può spiegare l'attaccamento che molti imprenditori hanno nei confronti della propria azienda, del proprio prodotto, del proprio brand, che considerano spesso come un figlio.
I record della manifattura italiana, in particolare, sono noti: principale driver di sviluppo e innovazione del nostro Paese, seconda per volumi in Europa e settima per valore aggiunto su scala mondiale, dove si colloca addirittura al
secondo posto per competitività dell'export. Al contrario, la spinta passionale ed emotiva che spinge ad investire nella produzione è sempre stata raccontata assai poco, quasi fosse una storia minore di cui non poter andare fieri. In questo vuoto colpisce l'idea di Florindo Rubbettino, giovane capitano della casa editrice di famiglia, di pubblicare una collana dedicata alla "bellezza dell'impresa": una selezione di storie di imprese manifatturiere - grandi e piccole, celebri e sconosciute - costruite con fatica, coraggio e visione, che si trasformano sulla carta dell'editore in veri e propri romanzi con un "io narrante", l'imprenditore stesso, una trama e un carico di emotività, pathos, tragedie personali e sorprese degne della miglior narrativa.
Leggere queste storie vuol dire compiere un viaggio affascinante e inedito, magari partendo dai "custodi della sorgente", che producono l'acqua minerale Sant'Anna dopo essere stati folgorati dalla visione di una cascata, per arrivare ai protagonisti dell'Amaro Lucano che con il loro celebre slogan "cosa vuoi di più alla vita?" raccontano una storia-simbolo dell'Italia che vede sempre il bicchiere mezzo pieno, passando dal pensionato startupper che a 65 anni inventa una storia di successo come quella dei divani di Egoitaliano e da "l'uomo del sonno" che gestisce oggi Dormiflex, imboccando strade molto diverse da quelle tracciate dai genitori. L'iniziativa editoriale di Rubbettino rappresenta un esempio prezioso, un modello di narrazione da replicare e rilanciare con altri mezzi di informazione e di formazione. Perché la gran parte degli italiani possa diventare (finalmente) orgogliosa e consapevole di ciò che tutto il mondo già ci riconosce, la nostra straordinaria capacità di produrre il "bello" e "ben fatto". E di farlo con una passione che non potrà mai estinguersi.
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@FFDelzio