Rubriche

Se fanno squadra Francesco e Ringhio

Mauro Berruto mercoledì 17 aprile 2019
Qualche volta succede che arrivino segnali simili e coerenti anche se da pulpiti inaspettatamente diversi. Mi perdonerete l'accostamento apparentemente azzardato, ma nel corso della settimana sono arrivati messaggi estremamente chiari da due fonti autorevolissime e certamente molto ascoltate. Il primo, in ordine cronologico, è stato papa Francesco che, rivolgendosi ai giovani, nel corso di un'udienza agli studenti del Liceo Visconti di Roma, ha testualmente detto: «Nessuno contesta che un'invenzione come lo smartphone sia un grande progresso, un grande aiuto, va usato ed è bello che tutti lo usino. Attenzione però: quando tu diventi schiavo del telefonino, perdi la tua libertà». L'invito di papa Bergoglio ai giovani, dunque, è stato quello di uscire letteralmente dal proprio smartphone, prima che si trasformi in un oggetto da cui essere dipendenti, poiché non c'è dubbio che qualunque dipendenza, di qualsiasi forma o genere, è sempre un sintomo di debolezza e fragilità. Tornare più spesso nel mondo reale, insomma, per salvare sé stessi e fortificarsi un po'.
Il secondo episodio è arrivato nello stesso weekend, al termine della partita Milan-Lazio. Chi segue questa rubrica sa che l'obiettivo è sempre partire da un episodio (o da una storia) di sport per tentare di capire che cosa lo sport possa raccontare degli altri aspetti del nostro vivere civile. Lo sport non è certo un mondo ideale, dunque nessuna pretesa di perfezione: come la politica, l'economia, l'arte, la scuola possono essere fatte bene o male, così lo sport.
Milan-Lazio, si diceva: durante la settimana c'era stato un vivace scambio di opinioni via social fra due calciatori che sarebbero stati protagonisti del match, il biancoazzurro Acerbi e il rossonero Bakayoko. Il turno del campionato di serie A metteva di fronte, sabato, le due squadre in questione: club sportivi che, insieme, muovono milioni e milioni di appassionati, in Italia e nel mondo. La partita l'ha vinta il Milan, ma la cosa di cui si è parlato di più è arrivata al termine dei novanta minuti. Acerbi, difensore della Lazio, mette in atto il gesto distensivo per eccellenza del mondo del calcio: scambia la sua maglia proprio con Bakayoko, per stemperare la tensione e chiudere la vicenda. Babayoko, tuttavia, accompagnato dal suo compagno Kessié, corre sotto la curva rossonera mostrando la maglia del collega laziale, proprio come se fosse uno scalpo o un trofeo di caccia. Un gesto sciocco, di grande leggerezza, cui sono seguite doverose scuse da parte di Bakayoko e Kessié (anche queste affidate ai social, ci piace sperare che ci sia stata almeno una telefonata personale). Occorre anche dire che i loro compagni di squadra Biglia e Musacchio hanno tentato di fermarli e sono intervenuti a caldo per mettere fine a quel siparietto, certamente poco edificante, per l'immagine stessa del Milan. Le parole più significative, tuttavia, sono arrivate in conferenza stampa da parte dell'allenatore del Milan, Rino Gattuso detto Ringhio (uno che in campo, insomma, sapeva bene cosa fosse l'adrenalina), che ha commentato così: «Bisogna chiedere scusa, queste cose non si fanno. È arrivato il momento di mettere fine a certe cose, perché questa è una storia nata una settimana fa: si smanetta troppo sul web, un professionista deve usare meno possibile i social network e concentrarsi a fare un'ora, due di allenamento in più piuttosto che stare 4-5 ore a settimana sui social. Bisogna solo chiedere scusa».
Uscire dagli smartphone, dunque. Fare qualcosa di reale, non cadere nella dipendenza del virtuale. Siamo certi che il Santo Padre, appassionato di sport e tifoso del suo Ciclón (il Club Atlético San Lorenzo de Almagro, splendida realtà calcistica del quartiere Boedo di Buenos Aires), avrà apprezzato il fatto che nella "sua" squadra giochi anche un difensore di certi valori, arcigno e grintoso (e senz'altro amato, seguito, ascoltato) come Rino Gattuso.