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Scatti di rabbia e non solo. Il tennis delle racchette rotte

Giuseppe Matarazzo martedì 8 agosto 2023

Al circolo di tennis “Le Rocce” di Mascali, ai piedi dell’Etna, c’è il muro delle racchette rotte. Ce ne sono di tutti i tipi e di tutti i tempi. Dai materiali più diversi: legno, alluminio, grafite, carbonio. Appese lì a ricordare quel momento in cui qualcosa si rompe dentro il giocatore e il prezioso strumento, così coccolato fino a un momento prima, fa una brutta fine. Succede così, fra i dilettanti nei campi di provincia come in quelli del grande Slam. Da John McEnroe a Nicola Pietrangeli, da Serena Williams a Roberta Vinci, da Matteo Berrettini a Novak Djokovic, tutti hanno un’esperienza da raccontare, avvenuta sotto i riflettori di un palcoscenico internazionale o nell’intimo di un campo di allenamento. L’eleganza del tennis e il gesto di rottura. Come un paradosso. Ma che dà forse un senso di umanità, a un equilibrio appeso sempre a una riga, e che a volte salta. Sono questi momenti che il giornalista Federico Ferrero, telecronista di tennis per Europsport e collaboratore di varie testate nazionali, e il fotografo Filippo Trojano, raccontano in “Smashing Rackets” (Hoepli, pagine 128, euro 28,00). Aneddoti e immagini. Quelle storiche in bianco e nero dei campioni di ieri e quelle a colori di oggi, con una racchetta rotta in mano, o sotto ai piedi, alla McEnroe («Il gioco del tennis è un grande teatro dove il giocatore arriva a parlare con la propria racchetta prima di distruggerla»). Racchette rotte in campo e fotografate in studio da Trojano. Racchette in posa. Come fossero persone, volti che parlano con gli occhi. «Ogni racchetta rotta nasconde una storia – scrive il fotografo romano –. Cosa era accaduto quel giorno? Perché proprio in quel momento, in quel preciso istante era stato compiuto quel gesto incomprensibile che segna un punto di non ritorno nella mente di ogni tennista e spesso nelle sorti di un match? Ogni racchetta porta su di sé i segni dell’impatto e come per un osso fratturato ci fa immaginare a ritroso una parte della storia».

Una immagine tratta dal libro "Smashing Rackets" (Hoepli): Spalding, impatto singolo su cemento - Filippo Trojano

Ed eccole le semplici racchette rotte, che dialogano con le immagini dei campioni e le geometrie dei campi. C’è un Adriano Panatta che guarda la sua racchetta rotta nella partita contro il messicano Raul Ramirez, agli Open di Francia, 1977. «Anche Federer – scrive Ferrero - è stato un giocatore irascibile nel periodo giovanile. Ha smesso di rompere racchette poco prima di vincere uno Slam per non farlo più fino a fine carriera. Una sola eccezione nel 2009 contro Djokovic». Una ordinaria sfida di secondo turno agli Australian Open 2012, fra Stan Wawrinka e Marcos Baghdatis, segna un record di racchette rotte: in svantaggio di due set e un break, seduto sulla panchina, Baghdatis spacca la prima racchetta per la frustrazione. Riuscirà a romperne altre tre di seguito, senza neanche togliere il cellophane. Quasi quello che fa Goran Ivanišević, ora allenatore di Djokovic, a fine 2000, a fine cassiera nel piccolo torneo di Brighton contro il coreano Hyung-Taik Lee: nel borsone tre Head Prestige Classic 600. Il croato spacca tutte le racchette che aveva portato ed è costretto a finire la partita in anticipo. L’australiano, Nick Kyrgios, habitué del gesto e solito a scene di nervosismo in campo, fra provocazione e spettacolo, una volta si è persino esibito in un fuori campo, lanciando la racchetta al di là dello stadio del Queen’s (fortunatamente senza colpire nessuno). Mentre il nostro Paolino Canè, agli Internazionali di Roma del 2001, dopo aver perso al primo turno contro lo svizzero Hlasek, uscendo dal Centrale avrebbe usato la sua Miller Konica Reverse come una clava contro le fioriere lungo il percorso che portava agli spogliatoi. Pete Sampras non spaccava racchette, troppo gentlemen per scaricare la rabbia sulla sua Wilson Pro Staff. Ma con la violenza dei suoi colpi, i telai sollecitati dai pesi aggiuntivi che applicava per aumentare l’inerzia e la tensione delle corse… riusciva a spezzarle lo stesso. Rabbia, forza, ma anche incidenti. E sfortuna. Come succede a Lorenzo Sonego: «Avrò avuto sedici anni. Tirai la racchetta contro il telone, dietro c’era il classico palo e non lo avevo calcolato».

E poi c’è lui, Rafa Nadal. E la sua lezione, l’educazione in campo e fuori dal campo: «Mai fatto, è un insulto alla povertà». Il campione spagnolo, vincitore di 22 tornei del Grande Slam, ha preso alla lettera le parole dello zio Toni, suo coach dagli inizi al 2017: «Quando ho iniziato ad allenare Rafa, fra le prime cose gli ho detto che avrebbe dovuto rispettare una regola. Se avesse gettato a terra la racchetta e l’avesse rotta, avrei smesso di essere il suo coach. Gli dissi che c’erano milioni di bambini in tutto il mondo che non avevano una racchetta perché non se la potevano permettere. Rafa aveva sei anni e non l’ho mai visto scagliarne una». Nadal ha una storia di racchette "salvate". Quelle che dona con la sua Fondazione e quelle che allena nell’accademia che ha realizzato a Manacor, sull'isola di Maiorca. Lì non c’è il muro delle racchette rotte. Nel suo museo c'è una carrellata di racchette integre e vincenti, donate da tanti campioni del tennis di epoche diverse. E una scuola dove si insegna a diventare grandi tennisti, e uomini e donne gentili.

Le immagini di Smashing Rackets si possono scorrere anche in una piccola mostra ospitata negli spazi della libreria Hoepli, in centro a Milano. Racchette rotte, come storie "spezzate", da raccontare. In attesa del prossimo match.

Una foto e 900 parole.


P.S. Anch'io ho rotto una racchetta. Una. Nessun momento rabbioso, ma un gesto accidentale e sfortunato, anche se traumatico per la racchetta e il mio umore. Ero ragazzino, 12 anni, giocavo nel campetto comunale di Sortino, in provincia di Siracusa. Era una Le Coq Sportif nuova di zecca, ricevuta come regalo di compleanno. La stessa dell’estroso francese Yannick Noah, fra i miti del tempo. Durante un servizio, con il manico ancora nuovo, la racchetta mi scivolò dalla mano e andò a centrare uno dei due paletti della rete. Scena da "Paperissima". Racchetta distrutta. E una storia da appendere al muro. (Con altre 99 parole)