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Scaffale basso. Le belle letture da mettere in valigia / 2

Rossana Sisti martedì 28 luglio 2020

Alle cinque di mattina del 19 luglio, domenica, Paolo Borsellino era già al lavoro. Si era messo alla scrivania per rispondere a una lettera che gli studenti dello Scientifico Cornaro di Padova gli avevamo inviato, un po’ delusi per la sua mancata partecipazione a un dibattito organizzato al liceo in tema di mafia. Era il 1992 e quello fu il suo ultimo giorno di vita. Una Fiat 126 imbottita di tritolo esplose proprio in via D’Amelio mentre Borsellino suonava il campanello dell’abitazione di sua mamma, uccidendo oltre al giudice i cinque agenti della scorta.

A trent’anni da quella strage, a riprendere la lettera mai conclusa indirizzata ai ragazzi padovani, a dare risposte ai tanti interrogativi avanzati per capire di più la lotta alla mafia e la determinazione di un giudice nel dichiararle guerra, è Pietro Grasso, giudice al primo maxiprocesso a Cosa nostra e procuratore capo a Palermo e dall’ottobre 2005 al gennaio 2013 procuratore nazionale antimafia. Paolo Borselino parla ai ragazzi (Feltrinelli; 12 euro) è il racconto ai ragazzi di oggi di una delle stagioni più violente della nostra storia, di una criminalità forte, spietata, e invisibile; di un potere intrecciato alla politica e alla finanza che sempre cerca di togliere di mezzo chi si mette sulla sua strada. Ma è anche il racconto di un gruppo di magistrati fuoriclasse, del grande pool riunito attorno a Falcone e Borsellino, amici e colleghi determinati a fare squadra, a vincere questa battaglia dedicandovi la propria vita. Anche a costo di perderla. Dai 13 anni

Che straordinaria sorpresa questo inedito di Pinin Carpi, uno dei maestri della nostra narrativa per l’infanzia, arrivato bello bello in libreria con il marchio de Il Battello A Vapore e le magiche tavole di Alessandro Sanna, altro grande dell’illustrazione contemporanea. Scritto nel 1977, rimaneggiato e risistemato con alcune aggiunte negli anni successivi, La rivolta dei bambini di Mantova è un lungo racconto iniziato in occasione della prima edizione del festival di Mantova - come in una postfazione racconta la figlia Susanna, che allora, a nove anni, aveva accompagnato il papà al Festival – interpretato camminando per le stradine della città e poi dentro le scale i passaggi stretti del Palazzo Ducale, con il seguito di un corteo di bambini.

Tutto succede nel Ducato di Mantova in un passato lontano ma in cui l’occhio adulto può cogliere riferimenti evidenti a un passato più recente: su un tranquillo villaggio di miti contadini si abbatte l’invasione violenta e disastrosa di un esercito di uomini neri provenienti da Nord, predoni e devastatori. Gli adulti riescono a mettersi in salvo mentre i bambini ignari di quel che sarebbe accaduto si erano già ritirati sulle alture del villaggio nel bel mezzo di una foresta, luogo di giochi e di divertimenti. Giù a valle i paesi vengono messi a ferro e fuoco dalla nera maramaglia che conta di conquistare Mantova e di installarsi nei suoi bei Palazzi. Non dopo aver combinato un bel po’ di carognate. A questo punto entrano in scena i bambini che allegri e scarmigliati, per niente impauriti da bastoni e archibugi sono decisi a liberare la città. Una storia che parla di libertà e soprusi, divieti e diritti con l’ironia e i giochi di parole che a Pinin Carpi hanno sempre divertito, a cominciare dai nomi affibbiati agli orribili caporioni delle milizie nere . Quanto alle soldataglie nere di Gasparone e alle torme crapedure di Offelée von Kartoffel e del generale Krapùn von Stupid, ogni riferimento alle squadracce nere che imperversavano all’epoca del fascismo è puramente voluto. Dai 10 anni

Geoffrey Trease (1909-1998) è stato uno dei più amati scrittori inglesi per ragazzi, famoso soprattutto per i suoi avvincenti e accurati romanzi storici. Maratona (Edizioni San Paolo; 10 euro) è uno di questi: un’ottantina di pagine capaci di catturare l’attenzione e l’entusiasmo di lettori tra i 9 e i 10 anni, in cu si racconta sullo sfondo di una Storia antica ricca di avvenimenti, l’avventura umana di un ragazzino ateniese intraprendente e coraggioso. È la fine dell’estate del 490 a.C. Ad Atene c’è grande preoccupazione: centinaia di navi della grande armata dei Persiani guidata da re Dario sono approdate in Grecia.

Si profila una grande e violenta invasione a cominciare dalla pianura che affaccia sulla baia di Maratona, dove i Persiani, dopo aver saccheggiato e distrutto il villaggio intendono schierare la loro invincibile cavalleria e puntare su Atene. Ma a Maratona vivono gli zii, i cugini e l’anziana e malandata nonna del giovanissimo Filippo. Imboccando una ripida e solitaria scorciatoia tra i monti sarà lui a correre per avvertire i familiari del pericolo e della necessità di mettersi in salvo. E proprio a Maratona il ragazzo sarà testimone dello storico scontro in cui l’esercito greco, nonostante l’inferiorità numerica, riporta una strepitosa vittoria contro l’esercito persiano.

Lo svogliato e la studiosa, il bullo e il timido, l’impertinente, lo scansafatiche e il compìto, il simpatico e l’arrogante. È un mondo variegato, allegro e vociante che abita, come tutte le scuole, anche quella di Collefiorito, cittadina minuscola che profuma di mele. Sono i bambini che con la loro diversità di carattere, stile, comportamenti, virtù e difficoltà rendono ogni classe una realtà unica al mondo. Bambini e ragazzi che sanno aiutarsi non solo nei compiti o nelle lezioni da imparare ma anche nelle piccole cose che contano nello stare al mondo.

La cortesia, la generosità, il rispetto, la collaborazione, il superamento della timidezza e delle prepotenze. Accanto agli allievi, il ventaglio degli insegnanti, dai principianti pieni di ansie come la maestra Vici, al suo primo anno d’insegnamento, al più tranquillo Marchetti, professore di lungo corso. Con La scuola di Collefiorito ( MIMebù editore; 12,50 euro) Ermanno Detti ci regala uno sguardo pieno di affetto per ciò che accade dentro le classi, per quei bambini e quelle bambine che nella scuola dovrebbero trovare una comunità educante attenta alla loro crescita non solo intellettuale ma soprattutto umana. Dagli 8 anni