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Sarti, Burgnich, Facchetti e Picchi Quando l'Italia vinceva in nerazzurro

Italo Cucci venerdì 11 settembre 2009
Dopo la vittoria sulla Bulgaria, che la lancia verso Sudafrica 2010, la Nazionale si chiama "ItalJuve". Lippi ha scelto il blocco bianconero come fece Bearzot nell'82: ne ha fatti giocare sette con Grosso e Iaquinta a segno e l'ex Zambrotta a far la parte che 26 anni fa fece il "Barone" Causio. E l'ItalJuve ha fatto centro, esibendo una manovra armonica ma soprattutto una difesa-Maginot che farà il suo effetto anche in Campionato.
Non mi stupirei, a questo punto, se Mourinho trovasse da ridire sull'ItalJuve, sottolineando ulteriormente che il pronostico di Lippi è «di casa», e magari aggiungendo maliziosamente - ma lo penso anch'io - che Cannavaro e Grosso li ha "voluti" proprio lui, il Ct; lui li ha consigliati alla Juventus magari in quell'incontro (poco) segreto con Jean-Claude Blanc.
In altri tempi, il Derby d'Italia delle polemiche sarebbe già esploso, con i tifosi dell'Inter ad accusare di parzialità Lippi, com'era successo negli ultimi cinquant'anni ogni volta che un ct scartava un campione nerazzurro. Ma il ct Lippi stavolta non ha colpe: è l'Inter che si è "ritirata" dal Club Italia, passandogli soltanto due baldi giovani - Santon e Balotelli - che peraltro non giocano quasi mai nella rosa "internazionale" di Mourinho.
E dire che l'Inter ha sempre tenuto molto - fin dai tempi di Peppin Meazza - ad essere fornitrice privilegiata del Club Italia, fino a imporgli - a furor di popolo nerazzurro - addirittura il tecnico: fu Helenio Herrera a dirigere la Nazionale, affiancato da Ferruccio Valcareggi, dal 1° novembre 1966 al 27 marzo 1967.
Perché in quegli anni l'Inter vinceva tutto - in Italia, in Europa, nel Mondo - e la Nazionale di Fabbri (il tecnico che Angelo Moratti scartò all'ultimo momento per ingaggiare Herrera) rinunciando al suo "blocco" era finita vittima della fatal Corea ai Mondiali '66. Il Mago fece capire subito come la pensava e nella prima gara della sua gestione (Italia-URSS 1-0) schierò Sarti, Burgnich, Facchetti, Landini, Guarneri (suo il gol) e Picchi, l'intera prodigiosa difesa nerazzurra con le tre stelle dell'attacco, Domenghini, Mazzola e Corso.
Vinte quattro partite con la sua ItalInter, il Mago Herrera esagerò, pretendendo di restare alla guida della Nazionale e contemporaneamente alla corte di Moratti: le violentissime polemiche ispirate soprattutto da Casa Juve lo spinsero alle dimissioni, ma il buon lavoro - con il blocco nerazzurro - non andò perduto e Valcareggi proseguì trionfalmente la sua corsa alla qualifica per gli Europei che poi l'Italia vinse nell'estate del 1968.
In quel tempo, il calcio italiano registrò un'impresa eroica e dolorosa. Proprio in una partita perduta per 3-2 con la Bulgaria, a Sofia, il 6 aprile del '68, il capitano Armando Picchi - nerazzurro per sempre anche se da pochi mesi s'era trasferito al Varese - subì un grave incidente che gli troncò la carriera e lo portò a morte prematura. Nell'intercettare una discesa del mediano Yakimov, Picchi subì una commozione cerebrale; ma nell'intervallo nessuno seppe imporgli di restare negli spogliatoi: rientrò in campo, pressoché immobile, perché aveva anche l'osso pubico fratturato.
Smise di giocare, diventò a 35 anni il più giovane allenatore d'Italia. Italo Allodi lo chiamò nel '70 a guidare la Juventus dei giovani Causio, Bettega, Anastasi e Capello: e a Torino morì, due anni dopo l'incidente che gli aveva forse procurato un cancro e la perdita dell'uso delle gambe. Un pianto accorato unì per la prima volta juventini e interisti nel "derby del dolore".