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Risuona ancora in fondo all'anima il «Requiem polacco» di Penderecki

Andrea Milanesi domenica 10 aprile 2005
Il Requiem polacco di Krzysztof Penderecki (classe 1933) si impone come un grandioso monumento artistico e spirituale; un tributo appassionato alla storia politica, religiosa e culturale della Polonia del Ventesimo secolo, i cui momenti cruciali si possono ripercorrere attraverso la nascita di ogni singolo movimento dell'opera. A partire dal Lacrimosa, commissionato nel 1980 da Lech Walesa e da "Solidarnosc" per commemorare le vittime degli scontri presso i cantieri di Danzica; passando per l'Agnus Dei, scritto nel 1981 in memoria del cardinale primate di Polonia Stefan Wyszynski, o il Recordare, composto in occasione della beatificazione di padre Massimiliano Kolbe; per arrivare alla sequenza del Dies Irae, concepita nel 1984 per il quarantesimo anniversario della rivolta di Varsavia contro l'occupazione nazista, o alla drammatica sezione del Sanctus, che ha visto la luce nel 1993. Un policromo mosaico musicale che si è andato componendo negli anni, stratificandosi e cristallizzandosi insieme con le dolorose vicende del popolo polacco, divenendone nel tempo l'espressione emblematica dei drammi e delle lotte, delle tensioni e delle sofferenze. Arrivando a identificarsi con una voce che è apparsa a tratti un grido disperato: quello innalzato da un artista che, in una società forzatamente laica, non ha mai smesso di testimoniare attraverso la musica la propria fede cattolica. è proprio questa l'intima cifra del Requiem che emerge nella lettura offerta - sotto la guida di Antoni Wit, allievo nella classe di composizione dello stesso Penderecki - dal Coro e dall'Orchestra Filarmonica Nazionale di Varsavia, con un ineccepibile quartetto di cantanti solisti (2 cd pubblicati da Naxos e distribuiti da Ducale). Un cast di interpreti interamente polacco, dunque, a garanzia di un'autenticità, un vigore e un'immedesimazione che si avvertono in modo particolare nello struggente inno Swiety Boze e nel trepidante Libera animas conclusivo, la cui luminosa prospettiva di salvezza lascia intravedere la vittoria finale della speranza: di quelle "porte spalancate" alla figura di Cristo a cui oggi è impossibile non pensare, commossi, ascoltando questo capolavoro sacro così profondamente legato alle vicende di questi ultimi giorni.