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Riflettendo sui Nobel e le possibili alternative

Alfonso Berardinelli venerdì 18 ottobre 2019
Frequenterò per un momento uno dei più fatali luoghi comuni della polemica culturale: quello sull'assegnazione del Nobel per la letteratura. Non tanto per dire che chi l'ha ricevuto quest'anno non lo meritava (ma di Handke ho letto cinque libri e non mi è rimasto niente) quanto invece per ricordare qualcun altro che a mio avviso lo avrebbe meritato anche di più. Parlo di due autori che sono stati molto importanti negli ultimi cinquant'anni per la letteratura e l'autocoscienza dell'Europa: George Steiner e Hans Magnus Enzensberger. Quest'anno compiono entrambi novant'anni e credo che poteva essere il momento buono per premiare l'uno o l'altro, se non l'uno e l'altro. George Steiner, francese di origine ebraica e di lingua inglese, è stato uno dei rari critici letterari che abbiano avuto ampia notorietà e influenza internazionale non solo per i suoi saggi sulla letteratura, mai strettamente letterari (Morte della tragedia, Tolstoj o Dostoevskij, Linguaggio e silenzio, Le Antigoni) ma anche per la sua critica culturale e sociale (Nel castello di Barbablù, Vere presenze, Nessuna passione spenta). In Steiner non hanno mai fatto presa teorie letterarie di tipo formalistico, né un'idea di critica limitata allo studio di categorie stilistiche e questioni di poetica. Consapevolmente, come in Leavis, Lukàcs, Auerbach, Adorno, Wilson, la sua critica è sempre stata morale e sociale secondo l'orientamento prevalente nella tradizione moderna dalla fine del Settecento in poi. Il suo tema centrale nasce dalle tragedie politiche e belliche provocate dai totalitarismi novecenteschi e riguarda le ragioni per cui l'alta cultura non sia stata capace di impedire o arginare l'esplosione di una barbarie sistematica senza precedenti. Enzensberger, invece, è stato, con Paul Celan e Ingeborg Bachmann, il maggior poeta di lingua tedesca del secondo Novecento e per decenni il più brillante saggista europeo. Anche in lui è stato centrale un tema europeo per eccellenza: il rapporto fra progresso e follia, illuminismo e oscurantismo, sviluppo scientifico e cecità sociale. Proprio nel continente più orgoglioso della propria coscienza critica, la modernità ha fatto nascere nuovi dogmatismi e miti sull'onnipotenza dello sviluppo tecnologico, sulla liberazione e la felicità che il suo dominio futuro promette. Diversamente da quello di Steiner, lo stile di Enzensberger è più spesso ironico e paradossale, sia in poesia che in prosa. Anche quando fa intravedere prospettive catastrofiche sempre imminenti, come nei suoi poemi Mausoleum. Trentasette ballate sulla storia del progresso e Il naufragio del Titanic, il suo pessimismo è moderato dalla satira: poiché nelle utopie scientifiche come in quelle politiche produrre il male quando si credeva di avere in pugno il bene, è nello stesso tempo tragico e ridicolo. Non sarà che Enzensberger e Steiner sono intellettualmente troppo impegnativi e liberi per essere apprezzati dall'Accademia svedese?