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Ricordando Chaplin e Keaton Il sociale e il metafisico

Alfonso Berardinelli venerdì 8 marzo 2024
Mi accorgo di pensare sempre più spesso al Novecento, secolo al quale sento di appartenere, e una delle cose che mi meravigliano di più, subito dopo, ma anche a causa degli orrori politici e bellici (i fascismi, lo stalinismo, i lager, l’atomica) è l’avvento e il declino della cultura di massa. Come ventenne degli anni sessanta mi abituai presto a contrapporre criticamente e con particolare severità la cultura di élite alla cultura di massa, la critica sociale al trionfo dei mass media. Oggi che la cultura di massa è ridotta a spazzatura, vedo che in quella del secolo scorso ci furono delle zone di eccellenza che non avevano nulla da invidiare alla cultura considerata, allora, di élite. Mi è capitata la fortuna di avere come docenti universitari Giacomo Debenedetti, Guido Calogero, Giovanni Macchia e Mario Praz. Oggi la cultura universitaria si è molto avvicinata a una cultura di massa che non fa più leggere agli studenti libri interi di alta qualità: il libro è decaduto anche negli studi universitari e si va avanti a fotocopie. Nel Novecento al centro della cultura di massa c’era il cinema, c’erano i giornali. I film appassionavano e erano minuziosamente discussi. I giornali erano letti con l’attenzione con cui si leggono i libri, che servivano a pensare. In questi giorni mi è capitato di riprendere in mano uno dei migliori saggi di Goffredo Fofi, circa centocinquanta impeccabili pagine dedicate al cinema dalle origini al 1980 (in La cultura del Novecento, Mondadori 1981) e mi sono fermato sui due giganti degli anni 1920-30, Charlie Chaplin e Buster Keaton. Era il primo grande decennio del cinema, con film come Il monello, La febbre dell’oro, Il circo, Luci della città di Chaplin, e L’amore nei secoli, Il navigatore, Come vinsi la guerra, Io e l’amore, Il cameraman di Keaton. La carriera del primo sarebbe arrivata agli anni cinquanta con Luci della ribalta, la carriera del secondo fini’ con l’avvento del sonoro, di fronte al quale Keaton si arrese, rinunciò e sparì. Scrive Fofi: «La grandezza e la miseria di Chaplin sta nella sua capacità di adattamento e seduzione, nel suo dialogo con la storia. Quella di Keaton nella sua inadattabilità, nella sua fedeltà, nella sua irriducibilità alla storia. Chaplin è sociale, Keaton è metafisico». Come artisti di massa non erano inferiori ai più famosi scrittori e pittori. E in qualche caso li hanno anche superati. © riproduzione riservata