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Quell'eterna magia del Tour televisivo

Andrea Fagioli martedì 26 luglio 2022
Il Tour de France appena concluso ci lascia, grazie alla tv, immagini memorabili. Non solo quelle di Parigi nella tappa-passerella di domenica o quelle delle Alpi e dei Pirenei, delle abbazie e dei castelli, ma anche quelle che passeranno alla storia del ciclismo per il fair play: la maglia gialla Jonas Vingegaard, danese, che nella discesa pirenaica del Col de Spandelles aspetta il suo principale avversario, lo sloveno Tadej Pogacar, caduto nell'affrontare una curva. I due che una volta ricongiunti si danno la mano hanno subito richiamato alla mente l'immagine leggendaria di Gino Bartali e Fausto Coppi che nel Tour del 1952 si passano la borraccia. Per la cronaca Bartali ha sempre sostenuto di essere stato lui a passarla a Coppi, ma sulla vicenda resta il mistero fissato in uno scatto fotografico. Nessun dubbio, invece, su come sono andate le cose in questa edizione della Grande Boucle, come la chiamano i francesi. E questo grazie proprio alla tv, che documenta attimo per attimo ogni tappa, confermando che il ciclismo, come ripetuto più volte, è lo sport televisivo per eccellenza. Le telecamere sulle moto, quelle sull'elicottero, ti portano sempre nel vivo della corsa, documentano tutto e trasmettono emozioni. Ad alcuni il ciclismo non piace. È lecito. Ma nessuno può dire che in televisione non faccia spettacolo, soprattutto quando ci sono dei grandi rivali con alle spalle le loro storie di vita, perché il ciclismo in tv è anche narrazione, favorita dai tempi lunghi di dirette che seguono la tappa per intero. In questo i telecronisti si stanno affinando sempre più, sia in Rai dove si alternano che su Eurosport dove in genere vengono confermati. Sul fronte Rai si è forse sentita questa volta la mancanza dello scrittore Fabio Genovesi con le sue storie e i suoi aneddoti.