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QUEI PASSI ALL'ALBA

Marina Corradi sabato 6 ottobre 2018
Lui è morto prima che io nascessi, di lei ho solo un vago ricordo: una donna piccola, vestita di nero, il volto forte di chi ha affrontato una vita dura. Ferdinando e Aldobrandina, i nonni paterni, erano entrambi contadini inurbati a Parma nel primo Novecento. Dall'Appennino, in cui allora si faceva la fame. Dei tanti fratelli della nonna, uno andò minatore in Belgio, uno in America. Lei, domestica in città. Sposò Ferdinando, un gigante dai capelli rossi. A volte la sera quando non ho sonno cerco di immaginarmi la neve a Parma, in quell'inverno del 1914, e i passi di mia nonna all'alba, nell'Oltretorrente, verso una chiesa. Per tutta la vita andò a Messa ogni mattina alle sette. I figli nacquero, crebbero, mio padre andò soldato in Russia. Per mesi non se ne seppe più niente. Chissà quanto, ostinata, mia nonna pregava.
Lei cattolica, lui prima anarchico, poi socialista militante. Tutta la vita insieme. In casa, poche parole. Ma come un'aria respirata dai figli, in quella mescolanza di radici: pietà, attenzione al prossimo, coscienza di ciò che è un uomo.
I passi di una giovane donna incinta che scricchiolano sul ghiaccio, in remote albe di Parma, come vorrei poterli sentire. Frammenti di una storia che, attraverso di noi, è silenziosa eredità dei figli.