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Quei confinamenti di polvere e di timori

Mauro Armanino martedì 17 marzo 2020
«Si esce poco la sera compreso quando è festa/ e c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra, / e si sta senza parlare per intere settimane, e a quelli che hanno niente da dire/ del tempo ne rimane». Lucio Dalla quando cantò "L'anno che verrà", intuiva un nonsoché di attuale. I confinamenti dei sacchi di sabbia nella società sono cominciati da tempo, l'unica differenza è che ora risultano più visibili. Il trinceramento del Paese e del Vecchio Continente, concepito per frenare, ritardare o perlomeno filtrare i "barbari", si è andato precisando alla fine. In cambio di un moderato benessere quantitativo, il comune cittadino si era lasciato espropriare della propria facoltà di giudicare e decidere cosa fosse l'importante e cosa invece il superfluo o l'effimero. Accadde dunque quanto alcuni avevano previsto con lungimirante saggezza politica e che fu riassunta da un pensatore come Boezio, secoli addietro, nel suo "Discorso sulla servitù volontaria". Ciò avviene anche qui da noi a Niamey. Proprio il giorno in cui l'opposizione aveva previsto una marcia di protesta e di denuncia rispetto a quanto di torbido accade nel Paese, è entrato in vigore il decreto del governo sull'epidemia di nuovo coronavirus. Il Niger non è stato finora toccato dall'epidemia e un piccolo e scontato arsenale di proposte da alcuni giorni ha visto la luce nella polvere della città che convive con essa. Questo Paese, per la sua posizione di cerniera, è stato scelto come frontiera, limite e dunque "confinamento" per migliaia di migranti che vorrebbero esercitare l'impervio diritto alla mobilità. Un Paese in confinamento che comunque accoglie nel suo sabbioso seno oltre 400mila persone rifugiate dai Paesi vicini e, tra questi, diverse migliaia di persone provenienti dai campi di detenzione libici. Sono stati sospesi tutti gli avvenimenti internazionali a Niamey, il confinamento per 14 giorni di tutti coloro che arrivano da uno dei Paesi colpiti dall'epidemia, il divieto di tutti gli assembramenti. Persino il gesto di pace, di solito scambiato tramite una stretta di mano, è stato vietato dai due vescovi del Paese tramite una lettera alle comunità cattoliche del paese. Ci si è dunque dovuti limitare ad uno "sguardo" di pace che, almeno per ora, non accetta confini. La manifestazione citata è stata oggi dispersa coi lacrimogeni e una parte del Mercato Grande di Niamey è andata in fumo. Si lamentano alcune vittime del sinistro.
Chi di spada ferisce di spada perisce, fu scritto. Nulla di più vero anche in questa tragica circostanza. Dopo aver contribuito a perpetrare confinamenti all'interno e all'esterno delle penisola, coi centri di identificazione e all'esterno, ad esempio nel Niger, col confinamento dei migranti, si è a nostra volta confinati nel proprio territorio. Qui, sapessero tutta la vicenda, dovrebbero dire "Aiutiamoli a casa loro", frase ben conosciuta al sapore di confinamento razziale. Ne avrebbero il diritto o forse il dovere, visti i precedenti di questa storia di frontiere che si inventano e smontano a seconda delle convenienze. Aiutiamoli a casa loro perché non esportino altrove quanto si sta adesso mettendo in quarantena. Imponiamo agli altri che stiano a casa loro, perché ritenuti poveri e inadatti al sistema di consumo globale. Le frontiere esterne dell'Europa, Frontex e il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere, Eurosur. Con droni, aerei da ricognizione, sensori e telerilevamento satellitare per tracciare l'immigrazione clandestina negli Stati membri della Ue. La Fortezza Europa è come una profezia che si autoavvera, solo che in prigione, adesso, si trova l'Europa, e senza possibilità di visite guidate. Un giorno forse non lontano, il confine ricomincerà a spostarsi e, grazie alla resistenza della polvere, la vita riprenderà a sconfinare. E proprio quel giorno l'acqua benedetta, al momento vietata nell'acquasantiera alle porte delle chiese, si trasformerà in una pioggia senza fine, uguale per tutti.
Niamey, 15 marzo 2020