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Gerardo Maiella. Quando la debolezza è segno di santità

Matteo Liut venerdì 16 ottobre 2015
Un santo "dell'inutilità", un uomo debole, emarginato eppure un gigante del Vangelo, un testimone autorevole dell'amore di Dio che tutto dona e nulla tiene per sé: è un profilo che provoca e affascina quello di san Gerardo Maiella, giovane religioso redentorista. Nato a Muro Lucano (Potenza) nel 1726 e morto a Caposele (Avellino) nel 1755, rimase orfano di padre e tentò senza troppo successo di fare il sarto, come il genitore. Ma nel suo cuore viveva già una personale consacrazione a Cristo e questo legame gli faceva affrontare tutte le difficoltà con incredibile sottomissione, spesso scambiata per incapacità. Quando decise di farsi religioso trovò diverse porte chiuse; ma alla fine con caparbietà riuscì a farsi accettare tra i redentoristi. "Vado a farmi santo" aveva scritto in un biglietto lasciato alla madre. E così fu, nell'umiltà di una vita dedicata al servizio.Altri santi. Sant'Edvige, religiosa (1174-1243); santa Margherita Maria Alacoque, vergine (1647-1690).Letture. Rm 4,1-8; Sal 31; Lc 12,1-7.Ambrosiano. 1 Tm 6, 11-16; Sal 26; Lc 22,31-33.