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Quando gli «atei religiosi» scambiano l'immaginazione con la realtà

Pier Giorgio Liverani domenica 6 luglio 2014
Un lettore che Corrado Augias definisce «uno dei nostri migliori uomini di teatro» e che ha letto Religione senza Dio del filosofo e “ateologo” Donald Dworkin, si dichiara «ateo ma molto religioso» e scrive a Repubblica (mercoledì 2) perché trova «urgente divulgare l'idea che Dio non esiste». E aggiunge che «quando un papa o Osama Bin Laden affermano di agire per suo imperscrutabile ordine, dicono delle pericolose sciocchezze». Naturalmente, il lettore parte dal vecchio ritornello che «fu l'uomo a creare Dio a propria immagine e somiglianza, non viceversa», ma si contraddice sostenendo che «le religioni sono un codice di comportamento che l'uomo si dà nel tentativo di vincolarsi a norme di vita rispettose di sé e degli altri». Se così fosse, le religioni sarebbero almeno «codici di comportamento», cui Augias attribuisce una «una elevata moralità». Escluse certe loro frazioni fondamentaliste (come quelle presenti nel mondo islamico e nell'induismo), esse non sembrano davvero «pericolose». Così nella sua risposta sembra pensarla anche Augias, che cita Dworkin: «Credere in Dio è solo una delle manifestazioni possibili della visione (religiosa) del mondo». La vera questione, perciò, sembra piuttosto un'altra: un uomo che dedica i propri maggiori sforzi intellettuali ed emotivi nel teatro, vale a dire nella finzione, come aspetto più importante della propria vita, può facilmente essere attratto a scambiare il suo mondo professionale con la realtà. Sembra dirlo, dal suo punto di vista, anche l'ateologo recentemente scomparso, nella citazione citata qualche riga fa. Proprio questo scambio di visione del mondo – realtà con immaginazione – può, però, indurre a dire «pericolose sciocchezze» o a pericolosi comportamenti. Vedi i fondamentalismi.BIOCONFUSIONISecondo il noto bioeticista “laico” (laicista) Maurizio Mori (La Stampa), «l'aborto è possibile [perché] è la donna che decide cosa fare del suo corpo». Quest'affermazione, che riprende e aggrava lo strillo femminista che si limita all'utero («È mio e lo gestisco io») mette in evidenza una sua certa confusione, diremo così, anatomica e concettuale. Il bioeticista afferma, infatti, che nell'aborto «non si tratta di un bambino, ma di un embrione che non ha la capacità di soffrire». Dunque colui che è abortito non è una parte del corpo della donna, ma un essere vivente con una evidente propria autonomia. Del resto anche per il caso dell'ospedale Pertini (Roma,) dove a una donna erano stati inseriti gli embrioni di un'altra coppia, il bioetilaicista fa un po' di confusione: «Problemi simili a questo esistono anche in natura. Pensi ai neonati scambiati in culla».LA COPPIA “DECISIVA”Annuncio solenne di Il Giornale (domenica 29): «La Pascale e Feltri si iscrivono all'Arcigay», cioè una specie di outing. L'hanno fatto sapere con un comunicato congiunto. Per chi non fosse aggiornato: Pascale è la “fidanzata” di Berlusconi e Feltri è l'ex direttore del Giornale, di proprietà della famiglia dell'ex premier. La signorina ha spiegato che «bisognava fare qualcosa di decisivo». Davvero una bella coppia decisiva.A-MORTALI?Yuval Noah Harari, storico medievalista, sostiene che «l'Homo Sapiens si evolverà ancora e in un futuro non definibile diventerà a-mortale» (Il Giornale). Storico, ma a rovescio.