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Prossimità, la ricetta che assesta il Paese

Paolo Massobrio mercoledì 27 ottobre 2021
Chiamiamola “assestamento” la fase storica che stiamo vivendo e che porta a farci sperare in una stabilità. Nelle scorse settimane fra Verona e Milano mi sono imbattuto nella formula del doppio turno nei ristoranti, con orari ben stabiliti a distanza di due ore. Pare sia l'effetto della carenza di personale, anche se all'apertura di un McDonald's a Saluzzo, nei giorni scorsi, si sono presentati in 100. Le maestranze di sala sembrano ritornare timidamente, mentre i luoghi privilegiati per gli acquisti di Natale, tipo i garden center, stanno già lavorando a pieno ritmo, perché l'incognita di una stretta per il secondo Natale consecutivo veleggia nella mente di qualcuno. Si cercano poi assestamenti nel mondo della sanità, dove il valore della prossimità sta diventando strategico, ma lo era anche per i negozi di alimentari e per tutto quanto fino a pochi anni fa rendeva vivibile una vita diffusa fra quartieri in città e paesi della provincia italiana. Ora, la parola prossimità credo sia anche la porta che apre all'inclusione, ed è la parola che emerge dopo questi due anni di pandemia non ancora risolta. Eppure in questo Paese c'è stata una politica che ha letteralmente divelto l'architettura della prossimità, per riportarci a un centralismo che non si occupa dei particolari. L'intervista di ieri ad Aldo Bonomi su questo giornale è stata illuminante a proposito: «In sostanza va ricostruita la società di mezzo, rivitalizzando i corpi intermedi, in modo da affrontare i flussi senza subirli». Ma perché ci dobbiamo trovare a ricostruire ciò che poteva non essere distrutto? Perché di fronte all'abolizione delle Province, che qualche ruolo in tema di prossimità pure lo avevano, non s'è scaldato nessuno, mentre oggi dalla Settimana Sociale di Taranto sentiamo dai giovani la necessità che obiettivi come l'ecologia integrale vengano declinati nei territori, o nei luoghi, come li chiama Bonomi, che hanno tuttavia la necessità di una regia? Sembrano domande destinate a non avere risposta, giacché il trasformismo dei partiti e poi dei governi serve anche a nascondere errori e responsabilità. Dunque la politica che potrebbe compiere il suo assestamento a gennaio con l'elezione del capo dello Stato, dovrebbe rispondere a questa esigenza di prossimità, senza mortificare oltremisura il ruolo dei sindaci e di chi dal basso, ancora, si assume una responsabilità. Questo appello è tuttavia anche una preghiera per domani, giorno di Giuda il Taddeo, il santo dei casi impossibili. Perché protegga l'Italia nella sua essenza e dalla recrudescenza della pandemia.