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Presepe o presepio? Importante è sognare

Umberto Folena domenica 23 dicembre 2018
«Te piace 'o presepe?», chiede con insistenza Luca Cupiello al figlio Tommasino, che con aria seccata replica: «No, non mi piace». Non può essere altrimenti. Il presepe può piacere soltanto a chi è capace di sognare, di far frullare la fantasia, di immaginare, di scrutare vite intere là dove sono appena accennate. Costui ha il privilegio di poter riconoscere senza sforzo eccessivo il Figlio di Dio, l'Onnipotente, in un fragile bambino, il nullapotente. Sogna Eduardo De Filippo, alias Luca Cupiello; e il suo presepe è segno di felice discontinuità in un mondo incapace di sogni, generosità, verità. Perfino pagando il prezzo dell'ingenuità.
Presepe o presepio? Fate voi. Le due paroline sono intercambiabili. Perfino l'Accademia della Crusca ci dà il via libera ricordando che il sommo Alessandro Manzoni nello stesso componimento (Il Natale) usa entrambe le versioni. Anche i latini facevano lo stesso con i due neutri preasaepe e praesaepium, che vuol dire mangiatoia.
Piacque l'idea del presepe a san Francesco che allestì il primo a noi noto nel 1223 a Greccio. Continua a piacere anche oggi nelle sue infinite versioni. Probabilmente non garba agli strateghi del marketing che allo sciagurato Fiorello, in uno spot deludente, fanno dire che alla gente a Natale interessano soltanto i regali, affermazione peraltro valida per troppi Tommasini. Noi stiamo con Luca e tra tutti i presepi possibili preferiamo quello napoletano. Suggestivi sono i presepi con montagne innevate e pascoli, laghetti e ruscelli, albe e tramonti; forse anche più esegeticamente corretti, con la grotta che è una vera grotta, rifugio di pastori. Ma nel presepe napoletano Gesù nasce in un quartiere popolare. Si incarna tra la gente qualsiasi, la gente tutta, nella storia di ogni età.
Nel mio presepe napoletano, ad esempio, c'è il dormiglione. Osservatelo. Ronfa beato mentre nasce Gesù... come si permette? Be', ha avuto una giornata difficile, tutto il tempo chiuso nell'ospizio a dispensare sorrisi e conforto, chiacchiere e buonumore ai vecchietti. Adesso si gode il fresco, è un uomo buono e Gesù nasce accanto a lui. Ricorda quei giovani della Gmg romana del Giubileo, anno 2000, che nella notte a Tor Vergata erano andati al gazebo dell'adorazione perpetua e si erano addormentati ai piedi del Santissimo, offrendogli la propria gioia e la propria stanchezza, cento domande e una speranza. Loro, i dormiglioni. Sul terrazzo una mamma allatta il suo bambino, proprio come sta per fare Maria, con lo stesso volto radioso, anche se non ha accanto il marito in viaggio per mare, lontano, in un'epoca senza telefonini.
L'ansia è un velo tenue che la manina del bambino, che cerca di aggrapparsi al seno, scaccia come un lampo di luce dissolve la tenebra. Sull'altro terrazzo due amici bevono un bicchiere, uno ha la mano sulla spalla dell'altro. Festeggiano un affare andato bene, si consolano per un dispiacere, o forse... sta a noi immaginare la vita dei due amici, con tutti i dettagli di cui siamo capaci. Due bambini si avvicinano a Maria, la guardano, le offrono dell'acqua fresca. Non è ancora Natale e nel mio presepe lei è in groppa a un asinello e si tiene con dolcezza il pancione: sta per nascere, manca pochissimo. Sopra la grotta una nonna legge una storia al nipotino. È la storia che sta accadendo in quel momento, la storia che ribalta il mondo, la storia che dà senso alla storia. Anche il gatto ascolta attento. La mamma invece ha le mani sui fianchi: bagnetto e a letto, è tardi! Davvero tardissimo. Anche questo spazio è terminato ed è un peccato, perché tra le viuzze si avverte il profumo delle prime pagnotte sfornate dal fornaio. Lo sentite, vero?