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Ponte Morandi, la tv fa memoria

Andrea Fagioli martedì 13 agosto 2019
Un anno fa, alla vigilia di Ferragosto, il Ponte Morandi, ribattezzato “Brooklyn” dai genovesi, crollava portandosi via 43 vite umane, lasciando una decina di feriti gravi e centinaia di sfollati. Erano le 11.36 di un burrascoso 14 agosto 2018. Qualcuno attraversava il principale snodo del capoluogo ligure per lavoro, qualcun altro perché diretto in vacanza o in visita alla città. Nessuno immaginava che nel giro di pochi secondi la loro vita terrena sarebbe finita o cambiata per sempre. Ma il crollo non avvenne per caso. Da anni circolavano perizie che parlavano di deterioramento degli stralli (i tiranti in acciaio ricoperti di cemento che tenevano su quell'apparente capolavoro d'ingegneria). Le responsabilità sono ancora da accertare, ma ci sono. E la tv in questi casi è capace di denunciarle con forza. È già accaduto con documentari come quelli della primavera scorsa su National Geographic (Il ponte di Genova: cronologia di un disastro, in replica domani) o su Nove (Genova – Il giorno più lungo). E sta accadendo in questi giorni con inchieste dello Speciale Tg1 (domenica su Rai 1), di Report Cult (ieri su Rai 3)
o della Tgr o di Propaganda Doc (domani ancora su Rai 3 e su La 7), ma anche con un documentario della Tv Svizzera, Il ponte spezzato, di Philippe Blanc, andato in onda domenica su History (canale 407 di Sky). Un lavoro interessante, che si muove sul doppio binario delle testimonianze e delle indagini. Commovente, dal primo punto di vista, il racconto di Lara, che nel crollo ha perso il giovane marito già padre di quattro figli. Guidava un furgone la cui cabina è rimasta sospesa nel vuoto e dalla quale i vigili del fuoco, dopo ore di lavoro, hanno estratto vivo solo il collega che viaggiava accanto. Sull'altro fronte, non lasciano dubbi le parole del Procuratore capo di Genova e degli esperti del Politecnico di Milano che parlano di appelli non ascoltati e di investimenti irrisori sui controlli e sulla sicurezza. Tra le denunce anche quelle dei periti del Laboratorio svizzero di Dübendorf dove si trovano i reperti ritenuti la prova chiave per stabilire le cause del disastro e spiegano anche il perché la televisione elvetica sia particolarmente interessata al caso.