Polvere
Né quando aspettavo i figli, felice della vita che portavo, comprendevo quella cenere. Era sempre di febbraio, in una giornata piovosa e triste. Tuttavia io, forte della nuova vita in grembo, ancora mi credevo immune alla morte.
Solo da pochi anni ho cominciato a capire il mercoledì delle Ceneri, e anche ad aspettarlo, come una ricorrenza cara. «Memento quia pulvis es…» non è più lingua straniera, né minaccia, ma pacificante certezza. Tutto ciò che io sono di progetti e ambizioni e ansie, pulvis, infine. Come la sabbia con cui giocavo da piccola, che mi scivolava fra le dita, impalpabile. Polvere: questa parola, nell'età matura, mi rasserena. E vorrei che una mano cara mi deponesse un giorno, polvere ormai, in un gran prato a fine giugno, quando l'erba è alta e oscilla al vento, piena di fiori. Così l'anno dopo sarei nel nuovo taglio, e nel fieno profumato.
Ciò che conta è altro, lo so, è ciò che di noi non muore. E tuttavia che pace in quel «memento quia pulvis es»: docile cenere, sotto all'alto sole di giugno.