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Pioggia, cielo che canta non cielo che piange

Umberto Folena domenica 18 agosto 2019
Prima o poi piove. In estate, in vacanza, la pioggia è quasi sempre maledetta perché limite e inciampo: non puoi andare in gita, né prendere il sole, né giocare all'aperto. Devi restare rinchiuso da qualche parte in attesa che smetta. Se hai bambini piccoli che ancora non possono rifugiarsi in quei meravigliosi ed estenuanti giochi da tavolo o in libri che non si fanno chiudere se non alla pagina estrema, in effetti può essere un problema.
Ma la pioggia è bella, eccome se è bella. È benedetta e bellissima. Naturalmente vanno esclusi gli eccessi. Troppa pioggia, ossia smottamenti e alluvioni, dolore e talvolta morte. Ma anche troppo sole, che nella giusta dose fa bene a noi, alle piante, ai campi; ma in dose eccessiva può perfino uccidere. Lo stesso si dica del vento: meravigliosa la brezza leggera, assassino l'uragano.
E la pioggia? Siamo in vacanza, via dalla città. Se andiamo al lavoro, ad accompagnare i bambini a scuola, in giro per commissioni, la pioggia rallenta, inzacchera, intristisce e quindi irrita. Ma se siamo in vacanza, cambia tutto. Per cominciare, in vacanza non si deve portare l'ombrello. La pioggia si addomestica in montagna con cappello e mantella, al mare accogliendola a braccia spalancate, infradiciandoci tutti, tanto non dura e ci asciugheremo presto. Quando la pioggia gocciola sul viso, vien voglia di cantare: noi e i nostri bambini, che si abitueranno a non temere la pioggia, mai a piagnucolare, sempre a essere ottimisti: "E se ci bagneremo / poi ci asciugheremo", cantatela sul motivo che vi pare, rubato o inventato al momento. Sotto la pioggia è più divertente danzare, non a caso c'è Singing in the Rain: "Sto cantando sotto la pioggia / che sensazione gloriosa / sono di nuovo felice / rido delle nuvole / così scuro sopra / il sole è nel mio cuore" (Gene Kelly; per canticchiarla non occorre saper danzare come lui). Non risultano al momento canzoni memorabili intitolate "danzando sotto il sole" o roba simile.
La pioggia in città può essere una piccola sciagura. Ma in vacanza la possiamo finalmente toccare, assaggiare, annusare voluttuosamente. Non facciamoci sfuggire l'occasione. In montagna e in campagna il profumo della terra bagnata sale per pochi attimi e inebria, è la vita che danza nell'aria e vola via. Al mare la sabbia bagnata non scotta e consente mirabili architetture ai costruttori, castelli e piste per le biglie e, per i più che abili, sculture. La pioggia nel fiume, nel lago e nel mare è un morbido, carezzevole massaggio.
La pioggia è avventura, quando scroscia decisamente troppo forte (accade, ma non dura mai troppo) e cerchiamo un rifugio, una tettoia, un pagliaio, una pensilina dove stringersi stretti stretti e più di un amore tra adolescenti è scoccato così, bagnati e appiccicati mentre il muro d'acqua complice sussurra: abbracciala, abbraccialo, che cosa aspetti? Non posso scrosciare ancora a lungo qui, ho altre coppie che mi attendono. Non solo tra adolescenti anagrafici, comunque.
Dopo la pioggia il sole rilassato si apre un varco, non picchia mai feroce come quando è abbandonato, stressato, lassù senza nuvole a fargli compagnia. Dopo poche ore spuntano i funghi, che con i fiori sono la poesia del bosco, con gli alberi a far loro da colonna sonora. La sabbia si asciuga in fretta, l'erba di meno e può ingannare i frettolosi. La pioggia non è il cielo che piange, ma il cielo che canta. A chi sa ascoltarla, suggerisce versi per poesie, note per canzoni, trame per racconti, colori per la tavolozza, dichiarazioni d'amore, buoni propositi e piccole grandi imprese che affiorano dall'anima, salgono e si abbeverano. E lì rimangono, sorridenti.