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Piccole virtù necessarie per crescere in civiltà

Cesare Cavalleri mercoledì 18 settembre 2019
Quando papa Gregorio XIV soppresse la Compagnia di Gesù (avvenne nel 1773), il gesuita Giovan Battista Roberti (1719-1786) ritornò nella natìa Bassano del Grappa e continuò la sua acclamata attività di poligrafo, autore di poesie, drammi, saggi letterari che l'avevano messo in comunicazione con Francesco Algarotti, Saverio Bettinelli e lo stesso Carlo Goldoni. Con mansuetudine applicò anche a sé stesso il Trattatello sopra le virtù piccole dedicato a Maria Caterina Roberti, monaca in S. Benedetto in Padova, «mia nipote bellissima che l'Imperatore stesso due anni fa non voleva che si facesse monaca per compassione della sua beltà» (c'è tutto il Settecento in questa annotazione). Il Trattatello si ispira alla dolcezza della spiritualità di san Francesco di Sales, e Roberti tiene a precisare che le piccole virtù sono tali «perché versano sopra soggetti piccoli, una parola, un gesto, un'occhiata, una creanza; per altro, se il principio si esamini da cui partono, ed il fine a cui tendono, sono preclare affatto: sono piccole virtù che formano i grandi virtuosi». Tutto ruota intorno alla tolleranza, all'indulgenza per gli errori altrui, al perdono, in equilibrio tra etica e "savoir faire", garbo nei rapporti sociali, e anche questo è molto settecentesco. Il grande filologo e critico letterario Carlo Ossola, professore al Collège de France, ha attualizzato il Trattatello di Roberti in "Dodici stazioni" per divenire un po' più uomini, e cioè nelle virtù di affabilità, discrezione, bonarietà, schiettezza, lealtà, gratitudine, premura, urbanità, misura, pacatezza, costanza, generosità (Carlo Ossola, Trattato delle piccole virtù, Marsilio, pagine 128, euro 15). In quest'epoca in cui ministri dello stesso governo si prendono a male parole, un po' di correttezza, di levità e, diciamo pure, di buona educazione, sarebbe gradita, ma non certo i social saranno d'aiuto. Ognuna delle stazioni del "Breviario di civiltà" di Ossola reca in epigrafe una citazione, un aneddoto di alleggerimento. Per esempio, alla stazione 10, "Pacatezza", leggiamo: «Ultima corsa serale del bus 140 da Posillipo per Napoli centro. Il mezzo arriva con quasi un'ora di ritardo. Il passeggero spazientito: "Ma non doveva essere qui alle 22 e 40?". "E cché – risponde pacato e sorridente l'autista – tenevamo un appuntamento noi due?"». Uno scambio di battute che spiega molte cose della napoletanità. In effetti, un appuntamento l'autista e il passeggero l'avevano, ed era la tabella oraria del bus: ma, mettendo la cosa sul personale ("noi due"), si finisce per trasformare in favore quello che era un diritto del passeggero e un dovere del servizio pubblico. Oltre al Trattatello di Roberti, Ossola si ispira ai Minima moralia di Adorno, e alle Piccole virtù di Natalia Ginzburg. La scrittrice, peraltro, apprezzava che nell'educazione dei figli si insegnassero le virtù piccole, senza trascurare, però, le virtù grandi: «Non il risparmio ma la generosità e l'indifferenza al denaro; non la prudenza, ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo; non la diplomazia, ma l'amore al prossimo e l'abnegazione, non il desiderio di successo, ma il desiderio di essere e di sapere».