Rubriche

Paura delle «radici»?

Pier Giorgio Liverani domenica 12 ottobre 2008
Preoccupata per l'interesse suscitato dalla lettura ininterrotta della Bibbia in televisione, una parte della cultura "laica" ha fatto esercizio di meschinità laicista, tentando di trasformare la trasmissione in spettacolo di varietà televisivo e, senza neppure un po' di savoir faire, di demolirne il significato di evento. Eccone due esempi: tutta effervescente la pagina con cui l'Unità (lunedì 6) ha banalizzato la complessità e il significato teologico degli avvenimenti della Genesi riducendo la creazione a un «copione del miglior "Guerre stellari" che sia mai stato editato su questa terra»; il diluvio e l'arca di Noè a un'anticipazione dell'«Isola dei famosi», che poi «il Signore distrusse»; infine del Papa ha saputo descrivere soltanto la «mise bianco morbido totale». Più politica e più esplicitamente laicista la lamentazione del Manifesto (martedì 7): «Addio laicità del piccolo schermo: si ha l'impressione che si vogliano imporre quelle radici giudaico-cristiane [...] Nulla di laico in questo approccio». In realtà il laicismo mostra la paura che «quelle radici» emergano con forza dal terreno o dall'asfalto come quelle dei platani e dei pini.

BOOMERANGAY
L'Unità presta molta attenzione ai fenomeni omosessuali. Una sua pagina quindicinale è riservata ai «glbt» (gay, lesbiche, bisexual, transexual), ma improvvisamente (martedì 7), in un'altra pagina è dedicata al «business» di «come si vende l'icona gay» specialmente in campo musicale e manifesta «il sospetto che non si tratti di libertà sessuale, ma di un'astuta strategia di marketing». L'Unità mostra di condividere ciò che, «gli obiettivi» delle icone siano quelli di «imbonirsi una comunità riconosciuta come trend setter (cane da ferma di tendenze) per i beni voluttuari e opinion leader per quelli culturali"». Parola di «Dolce&Gabbana». È lecito, allora, chiedersi quali siano gli obiettivi delle pagine glbt dell'Unità e se non si tratti di un boomerang, anzi di un... boomerangay.

INVOLUZIONISMO
Proprio quando, come in questi mesi, si riaccende la moda dell'evoluzionismo postdarwiniano, La Repubblica (mercoledì 8) dà tre pagine di «scienza» a una notizia che viene dalla Gran Bretagna, dove il prof. Steve Jones, biologo ed «eminente genetista dell'University College London», afferma che «l'evoluzione dell'uomo si è conclusa, è finita, terminata». E commenta: «L'uomo e la donna che vediamo allo specchio in questo 2008 dopo Cristo sarebbero, insomma, il modello definitivo». Che finalmente l'evoluzione si sia involuta? Per coerenza, in tal caso, si dovrebbe porre mano alla teoria - analoga e più facilmente dimostrabile - dell'involuzionismo.

DELENDA FAMILIA
Su Liberazione, giornale del Prc, Beatrice Busi tiene una rubrica («Finché morte non ci separi») che dovrebbe confermare come la famiglia sia la culla del ginecidio. Nella più recente puntata (domenica 5) riporta sei casi di donne uccise dai loro uomini. Altro boomerang: uno solo riguarda la famiglia e gli altri cinque sono di coppie di fatto. Quelle dei Pacs, dei Dico, dei Cus, dei Didorè.