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Oltre il bicameralismo: ormai si fa e non si dice

Stefano De Martis domenica 3 gennaio 2021
La legge di bilancio per l'anno appena iniziato è stata approvata con una corsa contro il tempo per rispettare il termine del 31 dicembre, oltre il quale sarebbe scattato l'esercizio provvisorio. La prima lettura da parte della Camera si è conclusa il 27 dicembre e quindi l'esame del Senato si è ridotto a una sorta di ratifica, senza la possibilità di correzioni anche minime che avrebbero comunque comportato un nuovo passaggio a Montecitorio. Qualcosa di simile era accaduto nel dicembre 2019 anche per la legge di bilancio relativa al 2020, a Camere invertite perché secondo la prassi l'iter era partito dal Senato. E anche l'anno precedente, pur in presenza di tre passaggi, l'ultimo era avvenuto in una manciata di giorni e a scatola chiusa. Il provvedimento, infatti, dopo la prima lettura a Montecitorio era stato profondamente modificato in seguito al braccio di ferro tra il governo giallo-verde e la Ue. Così che il 23 dicembre 2018 la Camera si era vista recapitare dal Senato un testo radicalmente diverso da quello licenziato in precedenza, da approvare a tamburo battente e senza modifiche. Dall'opposizione di centrosinistra era stata allora sollevata una questione di costituzionalità perché un ramo del Parlamento era stato sostanzialmente esautorato del proprio ruolo e lo stesso aveva fatto l'opposizione di centrodestra l'anno successivo. A ben vedere in ciascuna delle tre occasioni non è difficile individuare delle circostanze specifiche che possono spiegare la compressione delle competenze parlamentari in uno dei momenti cruciali dell'attività legislativa. Nel 2018 si è già accennato all'estenuante trattativa con le istituzioni europee, contro cui la maggioranza M5s-Lega era entrata in rotta di collisione. Nel 2019 il governo Conte 2 ha preso in mano la gestione della legge di bilancio proprio a ridosso del suo insediamento e per di più sulla base di un Def, il documento di economica e finanza che fissa le coordinate generali della manovra, elaborato da un altro esecutivo. Quest'anno, manco a dirlo, c'è stata addirittura la pandemia che ha richiesto ripetuti interventi sul bilancio per importi non distanti da quelli di una manovra economica tradizionale. Tutto vero, e va inoltre ricordato che non erano mancati in passato altri casi analoghi legati a circostanze eccezionali. Però, se per tre anni consecutivi la legge di bilancio diventa appannaggio di un solo ramo del Parlamento c'è qualcosa che non funziona a livello di sistema. Alcuni commentatori lo hanno già definito «monocameralismo di fatto», «monocameralismo alternato». Una tendenza che trova una conferma ancora più eloquente se si esaminano le statistiche del Comitato per la legislazione della Camera relative alla conversione dei decreti-legge. Dall'inizio della legislatura nel marzo 2018 al 15 novembre 2020, in un arco temporale che coinvolge tre governi – Gentiloni, Conte 1 e Conte 2 – e tre diverse maggioranze, sono stati convertiti in legge 52 decreti e solo in 4 casi si sono registrati tre passaggi. Vale a dire che negli altri 48 c'è stato un ramo del Parlamento che ha approvato il testo ricevuto dall'altro senza modificare una virgola. Un autentico paradosso per un Paese il cui ordinamento si segnala nel contesto internazionale, e in quello europeo in particolare, per l'eccezione del cosiddetto «bicameralismo perfetto» (o «paritario»): Camera dei deputati e Senato della Repubblica hanno le stesse, identiche funzioni. Intervenire su questi assetti istituzionali è questione seria e delicata. Richiede ponderazione e un clima costituente di cui purtroppo oggi non si vede traccia. La fase di emergenza sanitaria ed economica, del resto, pone altre priorità. Ma è pericoloso anche lasciare che gli assetti vengano surrettiziamente modificati nella pratica, alterando gli equilibri al di fuori di un quadro coerente. In attesa di tempi migliori, il senso di responsabilità di tutti i soggetti politici potrebbe supplire con grande giovamento per il Paese. Per prima cosa cominciando a vedere il problema.