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Olio d'olivaScarsa produzione e malattie, il 2014 è da dimenticare

Andrea Zaghi domenica 5 aprile 2015
Raccolti scarsi, importazioni e prezzi alle stelle. L'olio di oliva italiano ha chiuso un'annata da dimenticare, caratterizzata da produzioni molto più basse del solito e forti attacchi parassitari. Un 2014 che adesso, con l'arrivo dei dati definitivi sulle importazioni, si caratterizza anche per un balzo in avanti degli acquisti dall'estero come non si vedeva da 20 anni. Il segno di quanto lavoro occorra adesso fare per recuperare il mercato perduto. Da gennaio a dicembre, dice una nota tecnica, sono giunte dall'estero ben 666mila tonnellate di olio di oliva e sansa, con una spesa che ha superato il miliardo e mezzo di euro. E poteva andare peggio dal punto di vista economico. La crescita degli esborsi (+23,3%) è stata infatti più contenuta rispetto all'incremento dei volumi importati (+38%); un fenomeno dovuto alla flessione media dei listini degli oli provenienti dalla Spagna, grande bacino di approvvigionamento estero dell'industria italiana. Sull'altro fonte, quello delle esportazioni, il 2014 è stato un anno di record mancati. In volume, infatti, nonostante un incremento del 6% sul 2013, le consegne oltre i confini nazionali si sono fermate a 411 mila tonnellate, non riuscendo ad eguagliare il primato del 2012, mentre in valore si è avuta una lieve flessione rispetto al 2013 (-0,4%). A conti fatti, il saldo della bilancia commerciale in valore è tornato in rosso per 151 milioni di euro, dopo tre anni di segni positivi.Eppure, se si guarda alle destinazioni delle vendite all'estero, l'olio di oliva è comunque uno dei prodotti di spicco dell'agroalimentare nazionale. E presente sui maggiori e più ricchi mercati mondiali. Come quello degli Stati Uniti (dove le vendite sono cresciute del 5,6% in quantità) e del Canada, dove si è registrata una progressione sia in volume (+30%) sia in valuta (+15,5%). Di contro in Germania si è accusato un 3% in meno in valore a fronte di una sostanziale stabilità dei volumi. Bene l'export anche in Giappone (+5,9% le quantità). In tema di nuovi Paesi clienti, risulta in drastica flessione la domanda di olio di oliva in Cina, non solo di provenienza italiana ma degli altri Paesi esportatori, mentre avanza di oltre il 30% l'export tricolore in Russia. Rimane il dato di fondo: la scarsa produzione nazionale e i problemi che stanno assillando i produttori, soprattutto quelli pugliesi. Davanti all'olivicoltura nazionale – che comunque continua a valere milioni di euro –, si presenta una nuova sfida: recuperare la produzione perduta, contrastare efficacemente le malattie, mettere in pratica ancora una volta quella capacità commerciale che comunque ha fatto dell'olio di oliva uno dei fiori all'occhiello della produzione.