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Ofelia

Marina Corradi mercoledì 17 gennaio 2024
Diego ne aveva sette come noi, ma non giocava con la nostra banda, nelle estati in montagna. Figlio unico, timido, restava sempre nel suo cortile, vicino a sua madre, nella casa bianca appena più in alto della nostra, sulla strada verso il monte Faloria. Un giorno Diego partì per la colonia estiva al mare. Vidi passare un pullman carico di bambini che dai finestrini facevano ciao. Diego però era così legato alla mamma che piangeva, e non voleva andare. Un mezzogiorno in spiaggia, all’appello per rientrare in colonia, non rispose. In quella torma di bambini chiassosi e felici nell’acqua forse si era allontanato? A sera, il mare ne restituì il corpo. Al funerale, in paese, c’erano tutti i bambini e tutte le mamme del paese, in un corteo interminabile, muto. Ofelia, già vedova, era la prima, sola. La sua faccia ancora giovane impietrita, assorta in un inafferrabile oltre. Come le avessero strappato l’anima e lasciato solo il corpo, in una pura apparenza. Ogni mattina scendeva verso il cimitero con le rose del suo giardino, per Diego. La vedevamo dalla cucina: «C’è Ofelia», dicevamo, e zittivamo. Aveva negli occhi uno squarcio di dolore nero come certi crepacci delle Dolomiti, esposti a nord, dove il sole non arriva mai. Pareva impossibile avvicinarsi a lei. Ofelia con il suo bel viso di marmo, né giovane né vecchia, straniera ormai al tempo che scorreva. © riproduzione riservata