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Occorre dare senso a questo digiuno

Alberto Ambrosio martedì 28 aprile 2020

La lettura del Vangelo di oggi aiuta a vivere meglio il digiuno eucaristico obbligato dalla situazione attuale. Non voglio entrare nel dibattito che si è prodotto in Italia, per molti versi legittimo in seguito all’ultimo decreto legge, ma vorrei puntare piuttosto l’attenzione sulla Parola di Dio. Il Pane vivo e vero disceso dal Cielo, dice il Vangelo di Giovanni, è Cristo stesso. È importante che lo affermi Giovanni, l'evangelista che, anziché descrivere l’istituzione dell’Eucarestia, si sofferma sulla lavanda dei piedi, cioè sul servizio di Cristo ai fratelli.
La teologia di Giovanni potrebbe oggi aiutare a sondare il mistero di Cristo in tempo di pandemia. È il servizio a farsi Eucarestia, perché l’Eucarestia – anche nella concezione più tradizionale – è offerta, sacrificio di Cristo, prolungato poi nelle nostre vite. L’ho detto già all’inizio di queste riflessioni: l’Eucarestia è vissuta negli ospedali. Bisognerebbe ripeterlo ancora adesso, quando la massima emergenza sembrerebbe passata. E se, in questo momento, essere buon cristiano significasse vivere appieno il distanziamento sociale, fino al sacrificio di sospendere ancora per un po' la celebrazione rituale dell’Eucarestia? Se significasse dare l'esempio, anche se faticoso e doloroso? Se essere cristiano oggi significasse non solo tenere le distanze di sicurezza, ma avere tutti gli accorgimenti possibili e immaginabili? Se fosse questo che il Signore chiede ai suoi fedeli?
In fondo, la Vergine ha chiesto a Bernadette di lavarsi con la più pura e semplice acqua di fonte, un gesto tanto umile quanto banale. O abbiamo dimenticato che una delle ragioni dei sacramenti risiede nella semplicità, nell’umiltà del gesto che attribuisce portata divina a questi segni?
Ricordo che in noviziato, ormai quasi trent’anni fa, leggendo un articolo del compianto confratello domenicano Fabio Giardini sulla ragione dell’umiltà dei sacramenti, iniziai a gustare questo mistero. Nessuna azione è più semplice di un sacramento. Con acqua e poche parole si fa un cristiano, con pane e vino e poche parole si fa il Corpo e il Sangue di Cristo. Ebbene, se comunichiamo questo criterio di di umiltà alla realtà quotidiana, forse – sia pure in modo metaforico – viviamo una specie di sacramentalità nel fatto di attenerci a tutti quei gesti che possono sembrare banali, umili, ma che preservano noi, gli altri e la società dal ripiombare nel baratro. L’Eucarestia è presenza reale di Cristo, non è presenza fisica: Cristo è presente realmente benché non fisicamente. Noi aspiriamo – ed è il Vangelo a ricordarcelo per bocca di Gesù – al Pane vero, al Cristo stesso. Sospendere le celebrazioni con il popolo, continuare un digiuno eucaristico, può essere possibile solo quando si vivano sacramentalmente azioni on apparenza semplici e umili. Bisogna passare dalla realtà sacramentale alla realtà vera, cioè dal Corpo di Cristo al Cristo stesso: «Non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero».