Rubriche

Nuovi limiti al rientro dei cervelli Vero, attenti ai furbi. E al sistema

Andrea Lavazza martedì 24 ottobre 2023
Caro Avvenire, con la Legge di bilancio il governo vuole di fatto cancellare gli incentivi per il “rientro dei cervelli”. Con oltre 1 milione di giovani tra i 18 e i 34 anni a studiare o lavorare all’estero, a mio avviso si tratta di una scelta sconsiderata. La stretta sui requisiti, che limita i vantaggi solo ai ricercatori e ai docenti che trasferiranno la loro residenza fiscale in Italia dal 2024, sarebbe un danno per tutti. Il Paese ha perso oltre 3 milioni di giovani negli ultimi 20 anni. Si tratta di ragazze e ragazzi formati con le nostre tasse. Giovanni Crisanti Gentile Giovanni, la sua lettera tocca un nervo scoperto, che però è anche un tema complesso, meritevole di andare oltre gli slogan. La normativa è in fase di riscrittura, date anche le molte proteste, quindi una valutazione definitiva va rimandata. Dal 2024, per i lavoratori a «elevata qualificazione o specializzazione» che tornano in Italia con residenza anagrafica e fiscale lo sconto quinquennale sulle imposte scenderà al 50% (dal 70% precedente; 90% al Sud), con un tetto di 600mila euro. Resta lo sconto del 90% per docenti universitari e ricercatori. Cade invece l’agevolazione per i calciatori, di cui forse non avevano bisogno. L’incentivo ai cosiddetti “impatriati” risale al 2010. I dati dell’Università Cattolica dicono che dal 2011 al 2020, i rientri di laureati sono aumentati da circa 4.100 a 13.700 l’anno, ma gli espatri sono aumentati di più: da circa 7.700 a 31.300. Per quanto riguarda tutti i lavoratori, il picco di reingressi si è avuto nel biennio 2019-20, con 11mila e 15mila percettori delle migliori condizioni disponibili. La misura, quindi, funziona limitatamente, e la sua rimodulazione è ora motivata da pratiche elusive, spiegate al “Sole 24 Ore” dal viceministro dell’Economa Maurizio Leo. C’è chi ha giocato con il calendario per ottenere in un solo anno all’estero (ne servirebbero due) benefici per i cinque successivi; c’è chi ha spostato la residenza al Sud per godere dell’incentivo maggiorato pur lavorando a Milano; c’è chi ha comprato in modo agevolato una casa al mare che è poi diventata meta di villeggiatura per i parenti. Insomma, per colpa di (pochi?) “furbi” si fa un passo indietro. Posto che non possiamo trattenere con la forza chi studia nel modello di istruzione universalistico italiano, il punto è che dovremmo essere più attrattivi come sistema economico-sociale complessivo. Lo scopo è attrarre cervelli, in un travaso che non è solo inevitabile, ma risulta anche positivo e, in definitiva, utile pure agli italiani che non vorrebbero essere costretti a lasciare il Paese. Perché arrivano pochi professionisti dall’Europa o da altri Paesi Ocse? Perdiamo competenze autoctone e finanziate, ma potremmo recuperarne altre a costo zero come fanno numerose nazioni. Siamo il Paese più bello e più vivibile, quando però si comincia a mettere in moto un’attività lavorativa, le cose cambiano radicalmente, e non solo per la burocrazia. Ripartiamo da qui, ciascuno per la sua parte. © riproduzione riservata