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Nuove etichette alimentari, ancora troppa confusione

Andrea Zaghi domenica 14 dicembre 2014
Le nuove etichette alimentari - il cui uso è stato appena reso obbligatorio - non bastano. Certo, più informazione fa sempre bene, soprattutto in un settore delicato come quello dell'alimentazione. Ma per esser certi che l'agroalimentare italiano vinca di più nel mondo, e anche sulle tavole degli italiani, serve dell'altro. Certamente, comunque, le nuove regole di etichettatura fanno del bene. Ha ragione, quindi, il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, a dire che nelle regole Ue «ci sono delle novità importanti che vanno nella direzione giusta». Basta pensare alla dimensione dei caratteri che dovrà essere adeguata alla dimensioni del prodotto e alla specifica di alcuni ingredienti come gli oli e i grassi vegetali. Le nuove etichette, in altre parole, dovrebbero essere più leggibili per tutti e comprensibili al consumatore normale. Ma, almeno per ora, non finiranno per contraddistinguere tutti i prodotti. Stando a Coldiretti, infatti, «oltre la metà della spesa resta anonima per colpa delle contraddittoria normativa comunitaria, che obbliga ad indicare la provenienza nelle etichette per la carne bovina ma non per i prosciutti; per l'ortofrutta fresca ma non per i succhi di frutta; per le uova ma non per i formaggi; per il miele ma non per il latte». Insomma, stando ai produttori la chiarezza in più c'è, ma non per ogni alimento. La storia, a ben vedere, è sempre la stessa. Può andare benissimo consumare alimenti con materie prime provenienti dall'estero, ma occorre esserne consapevoli. Oggi, inoltre, pare che il 33% circa degli alimenti venduti in Italia ed esportati come italiani, contenga ingredienti non italiani. Anche questo, tuttavia, è assolutamente legittimo: basterebbe specificare meglio cosa contiene esattamente ogni alimento e la provenienza di ogni materia prima. Chiarezza e comunicazione affidabili, quindi, sono ancora ben al di là da venire. Ma, come si è detto sopra, il rilancio concreto dell'agroalimentare nazionale passa anche per altre strade. Oggi più che mai, occorre ancora elevare la qualità del prodotto, il livello di competitività nazionale, le soglie di guardia contro la concorrenza sleale e, soprattutto forse, la capacità commerciale degli agricoltori. Senza contare la necessità di abbattere decisamente la burocrazia amministrativa slacciando contemporaneamente i lacciuoli del credito. Bene, benissimo quindi le nuove etichette europee, che poco riusciranno a fare, però, se non saranno estese a tutti gli alimenti e accompagnate da ben altro.