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Non riduciamoci a parte del problema

Mauro Berruto mercoledì 20 maggio 2020
Questo mondo che si è capovolto, ci costringe a guardare le cose da angolazioni completamente diverse. Ormai non possiamo più considerare quello che stiamo vivendo “un problema”, tanto meno un esercizio di resilienza. È il contesto. Le parole strutturano la realtà, la profilano, le danno forma ed ecco perché chiamare “problema” o “contesto” questa navigazione in mare aperto alla quale, che ci piaccia o no, siamo sottoposti è molto diverso. La parola “problema” implica un giudizio, la parola “contesto” no. La parola “problema” ci trasmette paura, senso di ignoto, di sopraffazione, magari di ingiustizia. La parola “contesto” rinvia immediatamente alla ricerca di soluzioni. È forse, per l’astronauta che vuole fare la sua passeggiata nello spazio, un “problema” il fatto che fuori dalla navicella non ci sia ossigeno? No, è il “contesto”. Quella passeggiata potrà farla (e tornare sano e salvo) se adatterà se stesso a quel nuovo “contesto” in maniera efficace, rapida, agile. L’agilità parrebbe un concetto molto legato alla fisicità, una qualità da atleti. Invece è la più intellettuale delle qualità. Il miglior esempio di tutto ciò resta quello di Alex Zanardi che, dopo il suo terribile incidente al Lausitzring, riaperti gli occhi dopo otto giorni di coma, disse: «Quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa». Un modo straordinario e di grande ispirazione per spostare le energie dalla definizione di un “problema” a una lettura di un nuovo “contesto”. Non tutti possediamo le qualità e il modo di stare al mondo di Zanardi, è giusto e umano che sia così, ma i grandi campioni sono lì proprio per ispirarci, per metterci a disposizione una bussola, per mostrarci una mappa. La mappa non è il territorio, certo, ma è uno strumento decisivo per potercisi muovere. Leggevo, ispirato anch’io dopo tanto berciare e un’asticella così desolatamente bassa nel dialogo politico degli ultimi tempi, il discorso che Barack Obama ha rivolto ai diplomandi statunitensi del 2020. Una critica dura al mondo di quegli adulti che dovrebbero guidare i processi e, contemporaneamente, un’esortazione straordinaria alla bellezza di chi si sta affacciando alla vita di adulto. Il passaggio che più mi ha colpito? Eccolo: «Spero che voi decidiate di ispirarvi a valori duraturi come l’onestà, l’impegno, la responsabilità, la correttezza, la generosità, il rispetto per gli altri. Non ci riuscirete ogni volta, farete degli errori come tutti noi. Ma se ascoltate la verità che è dentro di voi, anche quando è difficile, anche quando è scomoda, gli altri se ne accorgeranno. Volgeranno verso di voi la loro attenzione. E così sarete parte della soluzione invece di essere parte del problema». In fondo si tratta proprio di decidere a quale metà guardare e da quale parte stare: quella del problema o quella delle soluzioni? Meglio cercare soluzioni considerato che dovremo navigare in mare aperto per un tempo indefinito. Certamente ogni tanto verrà il mal di mare e rimetteremo anche l’anima, però ci sarà anche la possibilità di vedere delle albe e dei tramonti che dalla terraferma sono perfino difficili da immaginare.