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Noi, consumatori infelici condannati alla mediocrità

Umberto Folena giovedì 5 maggio 2022
Quanto i nostri comportamenti sono veramente "nostri", e quanto invece sono indotti? Nella pancia profonda dei quotidiani, dopo guerra, energia e pandemia, trovi affermazioni solenni che leggi e scrivi da una vita, ma finalmente le fa proprie un comico e allora c'è forse qualche speranza che convincano anche chi non è già convinto. Sulla "Stampa" (4/5) Paola Rosa Adragna dialoga con Maccio Capatonda, fresco vincitore di "Lol", che ha devoluto il premio di 100mila euro al Wwf: «Siamo arrivati a un punto dove l'egoismo e il guadagno a tutti i costi sono l'unico obiettivo della nostra vita. Ti senti sempre insoddisfatto, o ti ci fanno sentire, non sei felice di quello che hai, vuoi nuove cose e tanti soldi per comprarle. Senza capire che le risorse del pianeta sono finite». Bravo! Lo sapevamo da almeno 60 anni, ma va bene così. Suggeriamo a Maccio non chissà quale ponderoso tomo di economia o sociologia, ma il cartone (comicissimo) "Vip mio fratello superuomo" di Bruno Bozzetto (1968). C'era già tutto, con il linguaggio lieve e mai saccente della satira. Anche l'aumento di peso, con conseguente dieta, è spesso esito di insoddisfazione e infelicità: mangi seguendo i suggerimenti del mercato, segui la dieta suggerita dal mercato, non funziona, riprendi a mangiare… Uno studio dell'Università di Cardiff, di cui riferisce Elena Dusi sulla "Repubblica" (4/5), dimostra quanto già da tempo immemore sapevamo: «Diete, che fallimento. Alla fine della cura uno su tre pesa di più». Siamo stritolati dentro un meccanismo perfido, di cui scrive anche Concita De Gregorio ("Repubblica", 3/5, titolo: «I mostri e il libero mercato»): «Adeguarsi a quello che la "gente" vuole - o a quello che pensiamo voglia da noi - peggiora la qualità di entrambi i fattori: diventano sempre più scadenti sia il desiderio che il prodotto, una gara al ribasso».