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Nicolas Gombert, otto Magnificat dove la voce è l'unica protagonista

Andrea Milanesi domenica 11 maggio 2003
«L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della Sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata...»: nella poetica devozione espressa dalle parole del Magnificat, risiede la fonte di continua ispirazione anche per intere generazioni di musicisti. Uno in particolare, Nicolas Gombert (ca. 1495-ca. 1560), al termine della propria carriera arrivò addirittura a concepire un ciclo di otto Magnificat "a cappella" (solo voci, senza strumenti), diversi per tonalità e materiale tematico, seguendo la diffusissima pratica di sviluppare polifonicamente solo i versetti pari e di lasciare all'intonazione gregoriana i dispari; ogni singola strofa musicata dal compositore fiammingo diventa così a sua volta un piccolo mottetto, arricchendo ulteriormente la già elaborata struttura dell'intera creazione. Un lavoro che rappresenta una vera e propria silloge tecnica e stilistica, in cui vengono passati in rassegna i fondamenti dell'arte musicale sacra del Rinascimento: il "canto del cigno" di una figura di primo piano nel panorama compositivo dell'epoca, che fu con ogni probabilità allievo del grande Josquin Desprez, divenendo prima cantore e poi magister puerorum della cappella imperiale di Carlo V. L'ensemble vocale inglese dei Tallis Scholars diretto da Peter Phillips ha realizzato l'incisione completa dei Magnificat di Gombert in due album distinti (pubblicati da Gimell e distribuiti da Sound and Music): con un equilibrio e un rigore tipicamente britannici, attraverso una lettura particolarmente cerebrale, che se da un lato rischia di adombrare la lussureggiante ricchezza espressiva di questi brani, dall'altro ne evidenzia il perfetto impianto architettonico, attraverso la cura virtuosistica del dettaglio. Come nello stupefacente Magnificat III, dove alle tre voci iniziali se ne aggiunge una nuova ad ogni versetto, in un climax progressivo che si arresta solo nel gran finale, a otto voci: una mirabile prospettiva apparentemente senza fine, che si avvicina idealmente alle vertiginose altezze spirituali evocate dalla figura della Vergine.