Rubriche

Nessun eccesso

Ivano Dionigi sabato 22 febbraio 2020
«Non desiderare niente di troppo (medèn ágan)». Era, questo, il motto dell'oracolo delfico fatto proprio dalla saggezza classica, la quale ruotava attorno a parole chiave quali "misura", "limite", "temperanza", lontananza dagli estremi, rifiuto degli eccessi, equilibrio: metriótes per Aristotele, modus per Orazio, aequus animus per Seneca; tutti valori che contribuiranno a definire la temperanza cristiana, virtù cardinale per lo più raffigurata con una donna che mescola acqua calda e acqua fredda. L'uomo classico giudicava positivo il finitum, lo spazio finito, limitato, controllabile; negativo l'in-finitum, il non finito, non misurabile, non controllabile; per questo, sfidare i limiti della natura, le terre inesplorate, la dimensione dell'ignoto era ritenuto un sacrilegio (nefas). Un'etica diametralmente opposta a quella dei nostri giorni, caratterizzata dalla ricerca di esperienze estreme e dalla delegittimazione dei limiti. Ci scopriamo "uomini di frontiera" (methórioi), indecisi tra restare al di qua o spingerci al di là del confine (finis); incerti tra rimanere ancorati alla ragione (logos) e alla comunità (polis), oppure addentrarci nei territori dell'utopia e della solitudine; divisi tra ciò che dovremmo essere, ancorati al patrimonio della storia e agli insegnamenti dei padri, e ciò che vogliamo diventare, sradicati dalla continuità e sedotti da una sorta di fede che tutto è possibile.