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Nelle Marche del Verdicchio una famiglia unisce con la vite coltura e cultura

Paolo Massobrio mercoledì 25 aprile 2018
Il professor Riccardo Ceccarelli voleva proprio esserci al convegno sui 50 anni della doc Verdicchio dei Castelli di Jesi, che si è svolto la scorsa settimana a Poggio San Marcello, ma un impedimento lo ha tenuto lontano dall'azienda Sartarelli, che del Verdicchio, dal punto di vista qualitativo, è leader.
Lui avrebbe raccontato la storia antica di questo vitigno che è imparentato con il Trebbiano di Soave, anche se a distanza di 500 chilometri cambia tutto quando una vite si adatta a un terreno. In Italia stanno cadendo moltissimi anniversari simili, che si celebrano con convegni e degustazioni, ma questa di Poggio San Marcello mi ha colpito oltremodo. Intanto perché è stata l'iniziativa di una famiglia, i Chiacchiarini, che secondo la legge mai scritta del principio di restituzione ha creato un museo dedicato al Verdicchio.
Ora, essendo un'azienda che ha una certa storia, avrebbero potuto intitolarlo a se stessi, visto che sulla pietra della casa (che non ha mai subito un graffio dai terremoti) c'è scritto 1882: è sempre rimasta in piedi – mi ha spiegato Patrizio Chiacchiarini – perché in quegli anni lontani, post-unità d'Italia, c'era già una cultura architettonica predisposta agli eventi sismici, che col progresso è andata perduta. Questa famiglia ha dunque creato un museo su un bene di tutti: la vite, patrimonio collettivo, che ha generato un'economia diffusa. E loro, che producono solo Verdicchio in 5 differenti tipologie, sono diventati il prototipo di un successo e anche di un maggiore valore aggiunto.
Ma andiamo avanti. Durante i convegni, giornalisticamente parlando, si è soliti soprassedere sui saluti delle autorità, invece il presidente della Camera di Commercio ha fatto una relazione così dettagliata su quanto è stato fatto per il vino, anche in termini di internazionalizzazione, che mi ha colpito. Salvo poi scoprire che la Camera di Ancona non ci sarà più, perché una legge accorpa tutte le Camere delle Marche, eliminando di fatto quell'attenzione alla prossimità che andava bene a tutti.
Il Presidente della Regione Marche ha voluto presenziare non solo ai saluti ma anche ai momenti informali. E m'ha dato l'impressione di una nuova generazione di amministratori, non solo perché giovani, ma anche lucidi sul valore che sono chiamati a difendere. Alla fine Caterina e Tommaso, i figli di Patrizio e Donatella, erano soddisfatti e colpiti dell'esito dell'evento, che è riuscito perché al centro c'era una famiglia italiana capace di mettere insieme tutti. Una bella lezione di come dovrebbe essere anche l'Italia. Che oggi in periferia costruisce e a Roma disfa, secondo la filosofia di Penelope.