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Nella «Via Crucis» di Lukaszewski passione e resurrezione della Polonia

Andrea Milanesi domenica 5 settembre 2010
Pawel Lukaszewski (classe 1968) ha vissuto immerso tra arte e religione sin dalla sua infanzia; è infatti nato e cresciuto in una famiglia di musicisti a Czestochowa, da molti considerata la capitale spirituale della Polonia, a pochi passi dal Santuario di Jasna Góra che custodisce l'icona della veneratissima Madonna Nera (attribuita a san Luca). Non c'è dunque da stupirsi se la maggior parte della sua produzione sia orientata verso il repertorio di carattere sacro e che il suo linguaggio compositivo si sia orientato verso una sintesi fra l'antica tradizione e le moderne istanze spirituali testimoniate dai più importanti autori contemporanei (Arvo Pärt e James MacMillan su tutti).
La compagine strumentale Britten Sinfonia e la formazione corale Polyphony dirette da Stephen Layton hanno recentemente inciso la sua Via Crucis per cantanti solisti, voce recitante, coro e orchestra, ultimata nel 2000 (cd pubblicato da Hyperion e distribuito da Sound and Music); i testi sono ricavati dai quattro Vangeli e dal Libro di Isaia, declinandosi via via, come in una sorta di Passione di bachiana memoria, negli interventi affidati al narratore, alla folla e allo stesso Gesù, tra i poderosi attacchi che riportano alla memoria gli apocalittici squarci sonori con cui Carl Orff ha marchiato a fuoco i suoi Carmina Burana, gli incisivi strappi orchestrali che contrappuntano le tre cadute di Gesù sotto il peso della Croce e le delicate trame polifoniche che accompagnano l'incipit di ogni singolo episodio («Adoramus te, sanctissime Domine Jesu Christe»).
Le quattordici tappe che guidano il fedele lungo il cammino doloroso del Salvatore verso il Golgota diventano l'emblema del percorso dell'intera umanità (rispecchiato attraverso quello del popolo polacco), ma si riflettono nell'intimità dell'animo di ciascuno di noi, chiamato a ripercorre i passi di una storia quotidiana scandita da sfide e conflitti, ingiustizie e sofferenze, ma che trova compimento nella gloria del mistero finale svelato dalla quindicesima stazione («La Resurrezione»); nel grido liberatorio con cui Lukaszewski riprende i vigorosi accordi iniziali per descrivere il suo contraccolpo di fronte alla tomba vuota: «Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat».