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Nella «Missa sacra» ecco Schumann pellegrino sulle orme dell'Assoluto

Andrea Milanesi domenica 21 aprile 2013
L'altro Schumann: il pellegrino dell'Assoluto: è questo il titolo del breve saggio riportato nel libretto del disco in cui la formazione corale e orchestrale Les Cris de Paris, diretta da Geoffroy Jourdain, ha affiancato due lavori del maestro tedesco, la Missa sacra op. 147 e i Vier doppelchörige Gesange op. 141 (cd pubblicato da Aparté e distribuito da Ducale). L'“alterità” fa in effetti riferimento al versante meno conosciuto e frequentato dell'opera di Robert Schumann (1810-1856), quello che allontana il compositore dai percorsi musicali consacrati al proprio strumento prediletto, il pianoforte, per avvicinarlo alle potenzialità espressive della voce umana, senza per questo rinunciare alla temperie romantica sopra cui ha forgiato l'inconfondibile cifra stilistica del suo linguaggio musicale.In quest'ottica non vanno peraltro dimenticati i grandiosi affreschi sinfonici-corali degli oratori Das Paradies und die Peri e Der Rose Pilgerfahrt, delle Szenen aus Goethes Faust o del Requiem für Mignon, a cui il musicista ha affidato le riflessioni e le tensioni che non riusciva a comunicare in "altro" modo, appunto (in un momento cruciale della sua carriera Schumann ebbe infatti ad ammettere: «Ho la tentazione di distruggere il mio pianoforte: è diventato troppo piccolo per contenere le mie idee»).Ed è proprio questa la prospettiva ideale per avvicinarsi all'ascolto e per comprendere nell'intimo l'origine della Missa sacra, partitura concepita nel 1852 ed eseguita postuma nel 1863, destinata in egual modo – secondo le parole dello stesso autore – «all'ufficio divino come alla sala da concerto»; una pagina che, se dal punto di vista formale e strutturale è in qualche modo debitrice alla Missa Solemnis beethoveniana, viene investita da Schumann di un senso di inquietudine e di mistero, di un'urgenza di significato e di un anelito alla trascendenza che rappresenta il vero punto focale sopra cui si gioca, ancor più che sul mero piano tecnico dell'esecuzione, la sfida di una vera e propria interpretazione. Un cimento che Jourdain e compagni riescono solo in parte a onorare con continuità e profondità, non sempre pronti a seguire le orme e a tenere il passo del sommo Schumann, viandante lungo le vie musicali dell'Infinito.