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Nella «battaglia» del pomodoro l'Italia ora rischia il sorpasso

Andrea Zaghi domenica 20 aprile 2014
Prima la California, seconda l'Italia, terza la Cina. È il podio della produzione di pomodoro da industria nel mondo: un comparto che vale decine di milioni di tonnellate di prodotto (e di euro) e che conta molto, soprattutto per il buon nome dell'agroalimentare nazionale.Proprio sul pomodoro si combattono periodicamente fior di battaglie in nome della genuinità e salubrità degli alimenti. L'Italia è il secondo maggior produttore mondiale di pomodoro industriale, ma questa posizione viene insidiata dalla Cina: nello scorso anno, infatti, il nostro Paese ha prodotto 4 milioni di tonnellate di pomodoro, ma la Cina ne ha ottenute circa 3,8 milioni e l'andamento della sua produzione è dato dai tecnici in rapida crescita. Un fatto che deve preoccupare e che fa prevedere che il colosso asiatico possa quest'anno tornare a superare (dopo un periodo di declino) la quota di 5 milioni di tonnellate, raggiungendo o addirittura superando le previsioni di produzione dell'Italia (il primato della California è irraggiungibile, con i suoi 12,2 milioni di prodotto attesi). In questo modo, il mercato verrebbe rivoluzionato e potrebbe mettere in crisi il nostro Paese, ma non solo. Capire cosa accadrà è quindi determinante un po' per tutti.Delle prospettive si discuterà a giugno al Congresso mondiale del pomodoro, che si terrà in Italia e a cui parteciperanno tutti i principali attori del mercato nazionale ed internazionale. In quel contesto Amitom (Association Méditerranéenne Internationale de la Tomate), e World Processing Tomato Council presenteranno i risultati di un modello previsionale unico basato sui dati reali della filiera e sui dati di consumo mondiale del pomodoro da industria previsti nei prossimi anni.Ma c'è già qualche numero su cui ragionare. La produzione mondiale del pomodoro da industria è diminuita dal 2009 al 2013, passando da 42,3 milioni di tonnellate ai più modesti 33,2. Intanto i consumi parrebbero essersi assestati a 38 milioni, che è fra l'altro la quantità di produzione prevista per il 2014, secondo le primissime indicazioni. Ma cosa accadrà con la Cina? E quali poi saranno i nuovi modelli di consumo, e come si posizionerà l'Italia? Tutto senza contare ipotesi di deficit di mercato determinati dalle condizioni climatiche, ma anche trascurando i forti cambiamenti nelle reti di distribuzione e quindi nelle operazioni di trasporto e confezionamento del prodotto.In gioco, come si è detto, milioni di tonnellate di prodotto, il buon nome dell'agroalimentare mediterraneo e un fiume (rosso) di denaro.