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Mobilità umana nel Sahel con controllo in subappalto

Mauro Armanino martedì 14 febbraio 2017
Tutto si vende. Migranti, frontiere e dignità. A prezzo stracciato quest'ultima. La stessa politica e la stessa economia giocano, alternandosi, a guardie e ladri. Si delocalizza dove costa meno la mano d'opera e dove sono assenti i controlli sindacali. Dove c'è più libertà di manovra per gli imprenditori e meno aggravio fiscale. E, a domicilio, da noi, tutto si subappalta. Mansioni particolari, indotti, cantieri, contrattuali, ditte e politica. Subappalto al capitale globale di cui lo svizzero summit di Davos è la retorica vetrina. Come stupirsi, dunque, se anche nel controllo della mobilità umana, passa la medesima logica mercatista? In termini puliti, questo si chiama esternalizzazione delle frontiere dell'Europa. In termini onesti, si tratta di militari, muri, centri e deportazioni. Bell'Europa murata che esporta frontiere che congiungono i due mari, quello d'acqua salata e quello di sabbia, bagnato di lacrime. C'è da rivedere il tracciato dei confini territoriali.
Sulla carta, in Africa Ocidentale, c'è la libertà di circolazione di merci e persone. Patto sottoscritto e ora tradito. Se prima il povero Cristo si fermava a Eboli, ora è bloccato ad Agadez e parcheggiato ad Arlit. Sono questi gli avamposti nigerini per il transito in Libia, Algeria, Marocco, Italia (sino a Ventimiglia). Per gli stessi abitanti del Niger ora si è complicato persino il transito all'interno del proprio Paese. Il crimine presunto è quello di migrazione illegale, irregolare e fastidiosa per il sistema di dominio globale. Per il bene dei migranti, per combattere i trafficanti e gli speculatori e, in definitiva, per salvare vite umane. Questa è la storia raccontata per giustificare il misfatto. Naturalmente si guarda l'ultimo segmento del tracciato. Si
mostra al pubblico l'ultimo episodio della serie televisiva dedicata agli sbarchi e ai salvataggi dei canotti. In effetti la storia comincia molto prima, solo che a raccontarla sono soltanto i cacciatori.
C'è stato il colonialismo, noi che siamo andati da loro, poi le guerre che gli europei hanno chiamato mondiali. Migliaia di africani sono morti per la libertà del Paese che li aveva colonizzati. È seguito poi il neo-colonialismo ideologico, politico ed economico. La pesca locale nei mari del Golfo di Guinea è stata smantellata a forza di accordi, di diritti comprati a suon di milioni che le élite africane hanno intascato. Centinaia di migliaia di pescatori sono scomparsi nel nulla. Gli accordi di partenariato commerciale hanno liquidato le imprese contadine a gestione famigliare. Libere volpi in libero pollaio, è quanto ha guidato la logica che ha accompagnato i vari patti siglati finora. Anche alle risorse minerarie, di cui l'Africa Occidentale è relativamente ricca, sono diventate appannaggio di multinazionali che alla fine dividono coi locali le briciole di quanto rimane. E così arriviamo al culmine che appare come il nuovo investimento sicuro: l'acquisto di terre.
I subappalti della gestione delle frontiere hanno preso il via in Mauritania e da lì si sono estesi in Marocco. Ceuta e Melilla, enclavi spagnole in quello stesso Paese, sono circondate da tre gironi di fili spinati e lame taglienti. Si controlla il mare che separa il Marocco dalla Spagna con pattuglie e a volte si speronano i canotti con a bordo i contrabbandieri di futuro. Con l'Algeria la frontiera è regolata da un fossato abbastanza profondo da sconsigliare tentativi di passaggio. In Algeria i migranti senza documenti sono espulsi a centinaia e condotti di nascosto nel deserto e lì abbandonati, e non è roba da favole. E infine ci siamo noi qui, nel Niger, gli ultimi arrivati nel Club dei Gendarmi per conto dell'Europa. Solo perché, con l'eliminazione violenta di Gheddafi, che organizzava campi di concentramento migranti, ora in Libia vige il prevedibile caos. In subappalto il controllo, l'arresto e infine la detenzione, secondo il piano previsto dall'Europa sono garantiti. Rimandare in Africa gli indesiderati e poi vedere cosa farne per sbarazzarsene definitivamente. Il Niger ringrazia per i milioni ricevuti in cambio del contratto. Ma chi sarebbero, chi sono, i criminali da fermare?
Niamey, febbraio 2017