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Maternità e lavoro, il futuro passa (molto) da qui

Francesco Delzio sabato 24 dicembre 2016
In occasione del Natale, ovvero della maternità e del concepimento "simbolo" della storia dell'umanità, è giusto interrogarsi su quale sia la sorte in Italia delle donne lavoratrici che affrontano questa straordinaria esperienza. La questione è di grande importanza per il futuro del nostro Paese – sia demografico che economico – perché statistiche ed esperienza quotidiana dimostrano chiaramente che l'Italia ha un sistema fiscale, di welfare e del lavoro poco favorevoli alla natalità, a differenza della vicina Francia e dei Paesi scandinavi (che non a caso vantano tassi di natalità molto più elevati).
In particolare, nonostante decenni consumati in battaglie culturali e in norme anti-discriminazione, il "dazio" che le donne italiane devono pagare sul mercato del lavoro dopo una maternità è ancora troppo alto. I rischi di discriminazione non sono misurabili solo attraverso le fredde statistiche, perché sono fatti ancor oggi di odiosi licenziamenti travestiti da dimissioni e di una invisibile moltitudine di ostacoli psicologici e di disincentivi d'ogni genere. Ma sono gli stessi dati – a partire da quelli Inps – a confermare l'esistenza nel mercato del lavoro di una rilevante penalizzazione per le donne che scelgono di fare un figlio. Ne risente soprattutto la situazione economica. La nascita del figlio apre un divario – tra il reddito percepito dalla donna e quello che avrebbe ricevuto in assenza della nascita – che non solo non si riduce negli anni successivi (quando la retribuzione della donna torna al 100 per cento di quella spettante), ma addirittura si amplia: dopo venti mesi dal parto la donna percepisce in media il 12 per cento in meno rispetto al reddito potenziale in assenza della nascita del figlio. E la penalità raddoppia (intorno al 20 per cento di reddito in meno) per le donne senza un contratto a tempo indeterminato. Non è superfluo aggiungere che ripetendo la stessa analisi per i padri non emerge alcun impatto negativo sulla carriera lavorativa né sul reddito, a seguito della nascita di un figlio.
Costringere la donna a immaginare la nascita di un figlio non solo come l'evento più bello dell'esistenza, ma anche come fonte di problemi potenziali e di penalizzazioni certe per il proprio percorso professionale è una grave forma di ingiustizia di genere e di inefficienza economica. E la mancata conciliazione tra maternità e lavoro è, probabilmente, una delle cause più profonde della bassa crescita italiana. Quando ce ne accorgeremo?
@FFDelzio