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Maria Perosino narra sentieri interrotti e vite al bivio

Cesare Cavalleri mercoledì 9 luglio 2014
C'è, a Zagabria, il "Museo dei cuori spezzati", certamente uno dei luoghi più stravaganti d'Europa (solo in Europa poteva venire un'idea simile). Il Museo raccoglie oggetti che testimoniano la fine di un amore, di un'amicizia, di un rapporto professionale, di una storia: c'è l'abito da sposa indossato per un matrimonio finito male, ci sono strazianti lettere d'addio, c'è perfino un'ascia con cui sono stati sfasciati i mobili di casa. L'ho visitato l'estate scorsa e mi è ritornato in mente leggendo il libro di Maria Perosino, Le scelte che non hai fatto (Einaudi, pagine 196, euro 16,50), che racconta storie interrotte ma non concluse, come in un sopore da cui potrebbero risvegliarsi. La tesi è che il più delle volte non è il 100% di noi a decidere, magari è solo un 51%, e il 49% ci accompagna come una vita parallela, virtuale eppure incisiva, non solo per rimpianto o nostalgia ma come un futuribile aggiuntivo.Perosino racconta storie di sé e di sue amiche magari perse di vista per anni e con le quali il contatto sopito riemerge di bel nuovo. Potremmo parlare di sentieri che si biforcano, dato che di Borges siamo lettori anche noi, o di sentieri interrotti non essendo digiuni di Heidegger. Ma Perosino non fa letteratura né filosofia, racconta con quello stile apparentemente svagato eppure attento ai dettagli che rende simpatiche le scritture al femminile. A voler prenderla sul serio (e Maria Perosino lo merita), la scelta che la narratrice non ha fatto è quella di avere un figlio, ed è questa non scelta a condizionarle la vita. Guarda le amiche che hanno un figlio, magari adolescente con brufoli, che dà un sacco di problemi ma a cui non rinuncerebbero mai.È la mancata maternità a rendere Maria, ottima cuoca, così attenta al cibo (preparare gli alimenti è, per la donna, prolungare o sostituire l'allattamento), tanto da rivolgersi, per controllare la linea, alla severissima dietologa Orsetta Nigroni Merri, che le fa un po' da superego, fiera che l'anagramma del suo nome e cognome sia Signorina Rottermeier. E paziente e dietologa finiranno per diventare amiche.La conclusione di Maria è: «Nel bene e nel male, non ho conti in sospeso con la mia storia. Vuoi per coraggio, vuoi per incoscienza, quello che volevo fare l'ho fatto. Ho commesso un sacco di errori, certo, ma non quello a mio parere più grave: lasciarsi condizionare, dagli altri, dalla paura di sbagliare, dal moralismo, e non aprire o chiudere delle porte». A rigor di logica, è una smentita del 51% da cui Perosino era partita. Perché il condizionamento peggiore viene dal 49% a cui non si riesce a rinunciare, e la libertà è scegliere, anche solo al 51%, di attenersi al bene.Maria Perosino è morta il 16 giugno scorso, a cinquantadue anni, per un tumore. Storica dell'arte e curatrice di mostre, nel 2012 ha pubblicato Io viaggio da sola, che non ho letto, da cui è stato tratto il film con Margherita Buy, che non ho visto. Non ha fatto in tempo a constatare nelle vetrine il suo nuovo libro. La concomitanza aggiunge una nota patetica che l'autrice, probabilmente, non avrebbe gradito. Qui ho parlato del libro, perché sono i libri, non gli autori, che devono essere valutati. L'autore, vivo o morto, non importa se non per quello di lui che c'è nel libro, nei personaggi del libro, ed è di questo (trama e personaggi) che il critico deve parlare, se vuole rendere un servizio ai lettori. In fondo, l'autore è sempre vivo e sempre morto. Si parla (per parte mia, male) di Manzoni o (bene) di Turgenev, cioè dei loro libri, anche se gli autori sono morti. E di Moravia (dei suoi libri) ho sempre detto male, in vita e in morte.