Maria Paola e Abdal dura vita di migranti
Abdal ha perso la sua famiglia a causa della guerra che la una malattia chiamata Ebola ha scelto di combattere nel suo Paese, la Sierra Leone, in Africa Occidentale. Abdal, dopo aver valutato i messaggi su Facebook di alcuni compatrioti, opta per la migrazione in Algeria, dove sembra che ci siano lavoro, soldi e possibilità di un destino migliore. Dopo Gao, nel Mali, è naturalmente fatto prigioniero dai gruppi di banditi ribelli che estorcono denaro ai migranti in transito. Terminati i due mesi di detenzione e pagato il riscatto di 300 dollari, Adbal arriva finalmente in Algeria e da Adra passa nella città di Orano dove, con altre decine di migranti dell'Africa subsahariana, lavora in un cantiere edile. Decide poi di raggiungere la capitale e impara il mestiere di piastrellista.
La madre di Maria Paola, bimba di un anno e mezzo e innocente frutto di una violenza di cui lei ancora non sa nulla, cerca un altro lavoro. Si è licenziata e cerca lavoro, formazione, consiglio, riconoscimento e soprattutto l'opportunità di ricostruire la sua vita spezzata dal destino. La madre di Maria Paola, fuggita dal suo Paese perché perseguitata, ha raggiunto il Niger perché ha saputo che qui l'Agenzia Onu per i rifugiati offre possibilità che altrove non esistono. Lei, la madre, torna alla casa di asilo con la bimba che dorme appesa al suo dorso.
Abdal, ormai con un mestiere, ha trovato lavoro in un cantiere della capitale Algeri. Nel ricuperare del materiale cade con un amico dal settimo piano dell'immobile. Rimane sei mesi all'ospedale mentre il suo compagno muore sul posto. Con una colletta di amici riprende il viaggio di ritorno che si ferma, almeno per ora, a Niamey. Abdal, operato più volte, mostra le cicatrici ritagliate sul suo corpo e si muove con una stampella. Dice che tornare al suo Paese, dove non c'è più nessuno, è inutile. Abbisogna di una visita specialistica ed è incapace di lavorare. Abdal ha 27 anni e una stampella per puntellare il suo destino.
Niamey, luglio 2021