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Manisha, l'«intoccabile» e le ragazze violate

Antonella Mariani giovedì 8 luglio 2021

Manisha è un fiume in piena, non smette di raccontare, concitata, cosa vuol dire per lei, giovane indiana dalit, nubile e senza protezione, mettersi al fianco delle ragazze stuprate, neglette, rassegnate a non ottenere giustizia e dunque a essere vittime per sempre. Intensi occhi scuri, lineamenti marcati,

Manisha è anche lei una ragazza: ha 30 anni e di appartenere a una casta di intoccabili l'ha scoperto da piccola, quando sotto gli occhi dei compagni divertiti un'insegnante la insultò come "inferiore", dicendole che non aveva diritto ad avere un'istruzione, che doveva stare in fondo all'aula. «Quello fu il giorno in cui capii a quale classe appartenevo. Ero così arrabbiata, tutti ridevano di me. Mi accadde molte altre volte al college e poi all'università». Ma la rabbia si è trasformata in forza di volontà.

Manisha Mashaal - .

Manisha Mashaal, che da poco ha completato i suo studi in legge, è diventata in pochi anni, con la sua associazione Swabhiman Society, fondata nel 2012, un punto di riferimento nella lotta per i diritti delle donne dalit, e in particolare per le più derelitte di tutte, le Maha Dalit, nello Stato indiano settentrionale di Haryana.

Parla con Avvenire su Skype, dal tetto di un edificio, il vento le scompiglia i lunghi capelli scuri, si infervora mentre descrive il report che ha appena firmato per Equality now dal titolo "Giustizia negata: violenza sessuale e discriminazione. Le barriere all'accesso alla giustizia per le ragazze e le donne Dalit in Haryana, India". (QUI IL REPORT)

«Se in tutta l'India vengono violentate ogni giorno 10 donne dalit, nel solo Stato dell'Haryana (25 milioni di abitanti, di cui un quinto dalit, nel nord-ovest dell'India, ndr) se ne registrano 4. Uomini e ragazzi delle caste dominanti hanno proprio loro come obiettivo, perché sanno che questo garantisce l'impunità. Minacciano le vittime e le loro famiglie, corrompono gli agenti di polizia, inducono le autorità tribali a prendere le difese dei colpevoli anziché delle vittime. Tant'è vero che in Haryana le denunce che approdano in tribunale sono appena il 58%, contro una media nazionale dell'85%. Una violenza sessuale su tre, di quelle denunciate alla polizia, viene archiviata come falsa. E poi ci sono tutti le violenze non segnalate. L'Haryana è la "capitale" degli stupri di gruppo: oltre 60 casi su 100, contro la media indiana di 10 su 100. Le visite mediche negli ospedali sono invasive, un'altra violenza che si aggiunge». Manisha e il suo team offrono appoggio legale, assistenza medica e psicologica, protezione e in alcuni casi anche un rifugio. «Finora abbiamo seguito 200 sopravvissute. Abbiamo ospitato diverse bambine rimaste incinte dopo uno stupro e respinte dalle famiglie. Hanno problemi di salute mentale, restano ferite per tutta la vita, anche perché difficilmente ottengono giustizia». E racconta di Rekha, che a 16 anni è rimasta per sei mesi alla mercé di un 46enne che la minacciava di morte se avesse parlato, finché i genitori si sono accorti della sua gravidanza, hanno denunciato ma il suo aguzzino ha fatto pressioni sulla polizia perché insabbiasse il caso. Manisha, nonostante le minacce, con Swabhiman Society ha ottenuto protezione per Rekha, che ora attende il processo. Manisha viaggia di villaggio in villaggio per incontrare le vittime e convincerle a denunciare. «È terribile ascoltare le loro storie, mi mette duramente alla prova. Ma non posso tornare indietro. Se io non sto accanto a quelle ragazze, chi lo farà? Non hanno nessun aiuto, né dallo Stato né dalla comunità, né dalle famiglie, troppo povere e impaurite per chiedere giustizia. Io posso capire la loro sofferenza. E non le lascerò mai sole».