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“Malati di pulito” vittime anche della tv

Andrea Fagioli venerdì 10 agosto 2018
C'era una volta Sepolti in casa, docu-reality sui cosiddetti hoarder, soggetti affetti da un disturbo mentale caratterizzato da un bisogno ossessivo di accumulare senza buttare via niente finendo per vivere in mezzo alla sporcizia. Di contro ci sono i cleaners, gli affetti da un disturbo ossessivo compulsivo per le pulizie di casa. I membri delle due ossessioni si incrociano nel programma Malati di pulito in onda il mercoledì in prima serata su Real Time nella versione statunitense e, a seguire, in quella britannica. I protagonisti sono comunque sempre gli inglesi. Il format nasce infatti nel Regno Unito e nella versione americana (che si presenta con una Statua della libertà con uno spazzolone in mano al posto della fiaccola) è una coppia inglese di pulitori compulsivi a volare oltreoceano nella casa di un hoarder. Si dice che che negli Stati Uniti ci siano 14 milioni di accumulatori compulsivi. Nell'ultima puntata di Malati di pulito Usa, il set televisivo era la casa di Britta, un'insegnante americana, accumulatrice da 12 anni, dal momento della morte del marito: cianfrusaglie in ogni stanza, pavimento costellato di escrementi di cane e cibo marcio dappertutto. In soccorso di Britta arrivano dall'Inghilterra Caren e Dave, “due spietati malati di pulito”. Caren può impiegare anche otto ore per pulire il bagno, mentre Dave non usa mai il forno per paura si sporchi: lo pulisce e basta. Non hanno relazioni e passano il loro tempo in casa tra cenci, sgrassatori e varichina. Un estremo si confronta con l'altro. La vittoria finale dei cleaners è garantita dal format, ma nel corso della puntata c'è anche un piccolo scavo psicologico per capire l'origine e ammettere le proprie ossessioni: «Tu non ti godi la casa perché è troppo sporca – dice Dave a Britta –, io non me la godo perché è troppo pulita». Si scoprono pure i lati positivi dei personaggi come l'istinto benefico e volontaristico di Britta che contagia anche gli ospitati compagni di pulizia. Insomma, l'incontro tra i “sepolti in casa” e i “malati di pulito”, secondo lo schema classico dei reality con voce narrante e interviste, produce un cortocircuito che dimostra come la tv, se padrona della tecnica, possa raccontare di tutto. Resta solo una domanda: a quale pro si raccontano queste storie mettendo in piazza, di fatto, dei malati anche se accettano di improvvisarsi attori?