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Ma un «diritto all'odio» produce solo guerra e morte

Pier Giorgio Liverani domenica 22 novembre 2015
«Vade retro Isis»: l'intera prima pagina del Tempo riprende (domenica 15) una celebre e severa frase di Gesù a Pietro, che ancora non aveva capito la missione del Figlio del Dio della misericordia, Colui che insegnava «Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per chi vi perseguita». Sulla prima pagina del quotidiano della buona borghesia compare la foto di un enorme pugno che stringe, come se volesse stritolarlo, un piccolo Crocifisso che mostra la corona di spine, la ferita del costato e le sue mani trafitte dai chiodi, ma aperte. Al Tempo ha fatto eco (mercoledì 18) Libero che, sotto il titolo a tutta pagina «I bastardi ci riprovano» e sopra un ritratto di Oriana Fallaci, ripesca un vecchio libro della scrittrice che l'editore vende a prezzo di liquidazione (Le radici dell'odio) e in cui l'autrice scriveva «Dobbiamo rivendicare il diritto all'odio». Un altro, il più recente, fra i «diritti civili»? Che cosa, secondo Il Tempo, avrebbe dovuto fare Gesù sulla croce? Sappiamo che pregò: «Padre, perdona loro che non sanno quello che fanno». Il giorno dopo la paginata sull'odio, sempre in prima pagina e sopra la foto di una sorridente Valeria Solesin, Libero ha scritto: «Questo sorriso vi seppellirà». A giudicare dalla sua breve storia, quelli di Valeria erano sorrisi che contagiavano e ai poveri e ai malati cui erano diretti donavano sollievo. Non facciamone letali ghigni da boia.BOMBE O PACE?L'odio, le bombe non costruiscono la pace né fanno vincere le guerre: le Crociate del secondo millennio come le due torri del terzo a New York, i treni di Madrid, gli aerei sulla Libia e le rappresaglie di Israele ai nostri giorni hanno generato l'Is e la quasi vera guerra in corso. L'Occidente vorrebbe una nuova crociata vendicatrice. Meglio farebbero i novelli Pierre l'Ermite a guardare quella croce impugnata dal Tempo, guardino l'immagine del Crocifisso stretto in un pugno di vendetta: Deus non vult. Le sue mani trafitte sono aperte, come Rembrandt dipinse quelle del Padre sul Figlio Prodigo, nel segno dell'accoglienza: una vita di vera pace si può sempre ricominciare con strumenti innocui. Gli ebrei la chiamano Shalom, che non è la pace di una vittoria in guerra.MORIRE PER CHI?Sulla Repubblica e a proposito della strage di Parigi, Michele Serra aveva scritto (giovedì 19): «Io per la Marsigliese morirei. Per Cristo Re, no». Il giorno dopo, in polemica con Giuliano Ferrara, l'ha spiegato: «Perché la Marsigliese copre un campo molto più ampio e, credo, meglio munito». A pensarci bene, e campi a parte, Serra avrebbe, come tutti, una sola motivazione per morire per Cristo Re. Se non altro perché Lui è morto per lui.