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Ma quei cristiani né freddi né caldi non fanno l'Italia più "laica"

Pier Giorgio Liverani domenica 16 febbraio 2014
Ma che cos'è la «laicità»? La parola «laico» (dal greco laós, popolo), rubata al lessico cristiano (la varò papa Clemente Romano tra il I e il II secolo per indicare la condizione dei semplici fedeli a Corinto), è usata oggi, a torto, dai «laicisti» per indicare chi non appartiene o è ostile alla Chiesa. A Bologna è stato presentato uno studio di Critica Liberale, mensile di sinistra, sulla secolarizzazione in Italia. Riferendone, Repubblica ha scritto che la constatazione di «meno battesimi e matrimoni in chiesa» consente di affermare che «in vent'anni l'Italia è diventata più laica». È un caso evidente di parole in libertà. Parlare di un'Italia «più laica» solo perché ci sono meno battesimi e matrimoni in chiesa significa, svilire l'aggettivo «laico» anche se usato fuori del suo impiego originale, cioè non come indice di distinzione di piani tra Chiesa e Stato, fede e politica, religione e vita civile, alla quale aderiscono anche i «laici» cristiani e persino i chierici e i consacrati. L'abbandono dei sacramenti e della fede è, solitamente, indice solo di secolarizzazione, cioè di agnosticismo, indifferenza, distacco da ogni impegno anche sociale, cose che non giustificano il trionfalismo laico, cioè della «laicità laicista». Chi ha un senso nobile della vera laicità dovrebbe considerarlo una perdita di valori civili quali sono anche quelli religiosi. È scritto nell'Apocalisse, nella "Lettera di Giovanni all'Angelo della Chiesa di Laodicea": «Quia tepidus es, et nec frigidus, nec calidus, incipiam te evomere ex ore meo». QUEL BARBARO DIRITTO CIVILEGià il titolo è incomprensibile: «Quando è reato il corpo delle donne». L'incipit dell'articolo, poi, è un'affermazione falsa e stupida: «Si definiscono il partito della vita, per descriversi con un programma romantico, quando invece il loro obiettivo è fermare ogni libera decisione. Quindi fermare la vita». Questa è la prosa di Roberto Saviano, scrittore à la page, su L'Espresso (in data 13 febbraio). All'inizio segue un'intera pagina di luoghi comuni sulla «barbarie di dover ricorrere a strutture clandestine per poter interrompere una gravidanza» e di «doverne spiegare il motivo». Saviano si è dimenticato che esiste un «diritto civile» per compiere il civilissimo gesto di una madre che rifiuta il figlio ancora in grembo e si è ricordato solo dell'«oscurantismo» del ministro spagnolo Gallardón che, proponendo alcuni modesti limiti alla libertà di aborto, «ha strappato il Paese alla modernità per scaraventarlo nel Medioevo». Ancora: «Scrivere di una legge [sull'aborto] che ha portato civiltà e non morte fa molto male». A chi fa male? In Europa e solo nel 2008, la legalizzazione dell'aborto ha tolto la vita a 2.863.649 bambini; in Italia dal 1978 a oggi a 5.437.553 nascituri; mentre nei 27 Paesi della UE e nei 15 anni dal 1993 al 2008, a 20.635.919 creature (dati già pubblicati qui domenica scorsa). Perché Saviano non scrive dimafia, di camorra e di 'ndrangheta, materie che conosce e non della retorica ideologica e falsa sulla «civiltà» dell'abbandono in cui lo Stato lascia le donne che vivono, sole, nel travaglio tra maternità e aborto?LA TOILETTE«Lo stile è l'uomo», scriveva Georges-Louis Buffon (sec. XVIII), scienziato e scrittore francese molto serio e per di più conte. Vale anche per i giornali, che sono fatti da uomini. Per la festa di San Valentino, 30.000 fidanzati hanno incontrato papa Francesco. Il Giornale l'ha messo a pagina 14 e in prima, invece, un trafiletto ironico che parlava di «San Valentino alla toilette», cioè di come le future mogli vorranno che i mariti si comportino per l'igiene di quel locale.