Rubriche

Ma i libri rimangono presenze reali

Alfonso Berardinelli venerdì 11 settembre 2020
Esiste un mondo fuori di noi, della nostra testa, delle nostre idee, ansie, immagini mentali, paure, attrazioni e repulsioni. Fuori delle nostre abitudini quotidiane e del nostro ambiente, dei nostri efficientissimi, ipnotici dispositivi tecnici di comunicazione e di “connessione”. Questi ultimi hanno conquistato da qualche decennio il monopolio dei nostri impulsi e atti comunicativi e della nostra stessa socialità. È un mondo di fantasmi bidimensionali che scorrono, appaiono e scivolano via su uno schermo ai nostri ordini; eppure sono arrivati a sembrare più reali del mondo reale, tridimensionale, fisico, fatto di presenze che non possiamo far comparire e sparire. A forza di connetterci attraverso dispositivi elettronici, facciamo fatica a concepire connessioni e contatti diretti con la realtà esterna, in cui tempo, spazio e rapporti di causa e effetto sono tutt’altra cosa. Si è diffuso un “mentalismo autistico” che non ha niente di interiore e di pensante e che ci fa credere ubiqui, onniscienti, presenti qui e lì e altrove, ma paradossalmente non dove siamo davvero. Società e natura stanno diventando sempre più immateriali nella nostra esperienza, che esperienza non è. Perfino i libri e i giornali stanno sparendo come oggetti fisici, presenti e reali davanti a noi. Qualche decennio fa il critico George Steiner intitolò uno dei suoi libri Real presences. Presenze reali vanno considerati testi letterari e filosofici stabili che impongono a chi legge quel silenzio e quell’attenzione prolungata e ripetuta di cui c’è bisogno per arrivare a un vero contatto. Quella che Steiner chiamò «una lettura ben fatta» (echeggiando uno scritto di Charles Pèguy
del 1912) è una esperienza personale concreta per la quale mancano sempre di più la necessaria motivazione e disciplina. Leggere bene significa “connettersi” con gli autori, il loro tempo, la loro vita. Leggere integralmente libri, pensarci e discuterne è qualcosa che non si fa quasi più neppure nelle università, dove “mettere in memoria” equivale a dimenticare mentalmente. Non bisogna farsi spaventare dal tradizionalismo di Steiner. Chi ha il senso del passato vede meglio ciò che stiamo perdendo nel presente e con quali conseguenze per il futuro. Pèguy considerava la lettura ben fatta la «vera realizzazione di un testo», che senza lettori adeguati resta muto. È un’idea–guida che serve a misurare il come, il che cosa e il perché leggiamo.