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Ma allora è solo questione di «business»?

Pier Giorgio Liverani domenica 3 marzo 2013
Che dietro la "questione omosessuale" ci fosse il business, cioè gli affari, era cosa che i meno ingenui già sapevano. Esiste da molto tempo un settore dell'economia dedicato particolarmente al mondo dei gay: locali, cinema, editoria, turismo, televisione, internet… Ora, però, il gay business è, per così dire, ufficiale. L'Unità ha pubblicato (venerdì 1) una «analisi» con questo titolo: «Riconoscere i diritti gay fa bene all'economia». E spiega: in Inghilterra «Cameron, per rendere il discorso più stringente, ha fatto ricorso alla correlazione che esiste fra un passo avanti sul tema dei diritti delle persone omosessuali e l'accrescimento della forza politica ed economica generale del Paese». Negli Stati Uniti è stato pubblicato un "amicus brief", vale a dire un documento contenente un'opinione legale, «da consegnare alla Corte Suprema e firmato da noti e importanti esponenti dell'economia americana a sostegno della cancellazione», richiesta per gli stessi motivi anche dal presidente Obama, «sia della cosiddetta "Proposition 8", che vieta matrimoni tra persone dello stesso sesso in California, sia del "Defense of Marriage Act", legge del 1996 firmata da Bill Clinton, che a livello federale definisce il matrimonio come l'unione tra un uomo e una donna». Anche negli Stati Uniti la notizia di questo brief è stata pubblicata sotto il titolo: «La legittimazione dei matrimoni gay fa bene al business». Invece sull'Unità la notizia termina con il commento che segue: «Anche questo ragionamento dovrebbe spingerci a cambiare rotta e ad affrontare con decisione il tema anche in Italia». L'analisi trova conferma su Sette, il supplemento del venerdì del Corriere della Sera, sul quale due ultraquarantenni «uniti "in civiltà"» (?) dal Comune di Milano, affermano candidamente: «Abbiamo investito nel nostro legame». L'omosessualità, come si sa, è diffusa in prevalenza nei ceti più elevati economicamente e culturalmente e, dunque, sarebbe ora di mettere da parte gli inesistenti diritti e «cambiare rotta» nella ricerca delle radici e delle soluzioni della questione gay.NEO-TEOLOGIEIn vista del Conclave, il manifesto pubblica (venerdì 1) un documento sottoscritto da «un gruppo internazionale di teologi» (immancabile Hans Küng), che vogliono «una chiesa democratica e collegiale, perché il potere non appartiene alla Curia, ma al popolo di Dio». Più precisamente: «L'autorità del pontefice non dovrebbe mai oscurare, diminuire o cancellare l'autentica autorità che Cristo ha concesso direttamente a tutti i componenti del popolo di Dio». Teologia senza Vangelo. In un'intervista al Fatto Quotidiano sulle dimissioni del Papa, Leonardo Boff, profeta della "Teologia della liberazione", afferma: «Il vero Spirito Santo, di questi tempi, si chiama Vatileaks». Internetteologia.CAMPIONARIEcco un piccolo campionario dell'esagerazione. Il Giornale: «Orfani di Ingroia: la vendetta dei Pm trombati» (a proposito dell'ultima "grana" giudiziaria di Berlusconi), «Senza il Pontefice né un governo ora Roma è caput mundi del vuoto». Libero, La Stampa e Il Fatto: «Il Vaticano scomunica la stampa», «La guerra interna dietro le accuse ai media» e «I fulmini di Bertone» (a proposito delle falsità sul Conclave). La Repubblica: «Il volo del Papa che torna uomo» (sull'elicottero per Castel Gandolfo).